Dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 una fetta di mamme lavoratrici potrà accedere alla misura di contribuzione di esonero previdenziale che permetterà fino a 3.000 euro.
Via libera al bonus mamme tramite Legge di bilancio. L’Inps nelle ultime ore ha chiarito le istruzioni operative per permettere alle future mamme di accedere, dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, al cosiddetto bonus mamme. L’agevolazione spetterà però solo a una determinata categoria di donne, come previsto da circolare n.27/2024. Vediamo quali sono i criteri per usufruire della misura.
A chi spetta il bonus mamme?
Il bonus mamme potrà essere richiesto dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 per le lavoratrici dipendenti, solo con contratto a tempo indeterminato, e non dipenderà dal reddito percepito. Bisognerà avere però più di un figlio a carico: nel caso di due figli, il più piccolo dovrà avere almeno 10 anni, nel caso invece di almeno 3 figli, uno dovrà essere minorenne.
Il bonus mamme corrisponde all’esonero del 100% della contribuzione previdenziale a loro carico (il 9,19% della retribuzione), fino a un massimo di 3mila euro. Inoltre, l’Inps ha chiarito che stando alla circolare n.27/2024, l’importo spettante alla contribuente sarà pagato anche per la mensilità di gennaio, finora non corrisposto perché appunto in assenza delle indicazioni operative. Il bonus include lavoratrici dipendenti del settore pubblico e privato, comprese quelle del settore agricolo, per il lavoro in somministrazione e sottoforma di apprendistato.
Quali sono le categorie escluse?
C’è però un boomerang che colpisce una larga fetta di donne lavoratrici in Italia che, purtroppo, non potrà accedere alla misura. Parliamo delle donne precarie, con meno di due figli e disoccupate.
Lavoratrici libere professioniste per esempio, non possedendo un contratto a tempo indeterminato o una forma di lavoro stabile, saranno completamente estraniate dalla misura. Stando ai dati riportati da Linda Laura Sabbadini, alta dirigente dell’Istat, ai congressisti della Cgil a marzo 2023, in Italia quasi una donna su due non gode di una posizione lavorativa garantita fino ai 34 anni. E i numeri si fanno ancora più gravi nel Meridione. Questa fetta di lavoratrici rimarrà esclusa dalla misura, con delle conseguenze nefaste sull’occupazione femminile. Oggi in Italia una donna su cinque lascia dopo il parto e il tasso d’occupazione (55%) è il più basso dell’Ue.
Lo stesso vale per le mamme disoccupate, le lavoratrici domestiche e le lavoratrici a tempo determinato, che godono di maggior tutela contrattuali rispetto alle partite iva, ma sono sottoposte sempre a forme di lavoro precario. L’Istat nel 2023 stima che il 27,7% delle occupate sono lavoratrici non-standard, che figurano in questa categoria.
Quando partirà il bonus mamme?
L’agevolazione parte al momento della nascita del secondo figlio nel 2024 e del terzo figlio nel 2025-2026. La misura potrà essere garantita fino al concepimento del 18° anno dell’ultimo figlio per le mamme con tre figli e al 10° anno dell’ultimo figlio del 2024 per le lavoratrici con due figli.
Non sarà necessario comunicare all’Inps il numero dei figli e il loro codice fiscale, ma qualora la lavoratrice ritenesse utile farlo via comunicazione diretta o indiretta al datore di lavoro quest’ultimo dovrà “esporre nelle denunce retributive l’esonero spettante alla lavoratrice” secondo le indicazioni dell’Inps. Qualora invece volessero procedere da sole, potranno comunicare direttamente all’Istituto le informazioni relative ai codici fiscali dei figli, “tale possibilità è consentita mediante predisposizione di un apposito applicativo che la lavoratrice può compilare inserendo i codici fiscali dei figli”. Un apposito messaggio dell’Inps avviserà quando sarà possibile farlo.
L’ammontare massimo dell’esonero sarà di 250 euro al mese, la misura non rientrerà nella nozione di “aiuti statali”: ecco perché, ha spiegato l’Inps, l’esonero non toccherà l’aliquota di computo nelle prestazioni pensionistiche e sarà riferito alla quota di contribuzione a carico della lavoratrice madre. Attestandosi a 250 euro al mese massimi, in questo modo si esaurisce l’esonero massimo che si potrebbe avere con il taglio di sei punti previsto dalla Legge di bilancio per i lavoratori, la cui retribuzione non superi la soglia massima di 2.692 euro.