Da venerdì 26 gennaio sono erogati i primi pagamenti dell’Assegno di inclusione, ma circa 1 richiesta su 3 è stata respinta, stando agli ultimi dati Inps. Ecco perché e come evitare il disguido.
Dal 26 gennaio l’Inps ha proceduto a erogare i primi pagamenti dell’Adi, l’Assegno di inclusione, che spetta a determinate categorie di persone. Il contributo economico però, stando ai dati dell’istituto, non perverrà a circa un italiano su tre. Il motivo è nei criteri, errati, con cui i richiedenti hanno formulato la domanda, che ha precluso l’elaborazione da parte dell’Inps e l’erogazione corretta dell’Assegno. Ecco come evitare errori.
Cos’è l’assegno di inclusione?
Sul piano tecnico il provvedimento è in vigore dal 1° gennaio e tocca da vicino i cosiddetti soggetti non occupabili: gli over 60, i minorenni e le persone con disabilità. Senza contare coloro che vivono in situazioni di fragilità. Tutti soggetti per cui dovrebbe essere difficile trovare lavoro e ricollocarsi. L’Assegno di inclusione, nello specifico, è un contributo economico fino a 6mila euro l’anno e dura 18 mesi. Per ottenerlo è necessario aver un Isee pari a 9.360 euro. La cifra, però, può variare a seconda della composizione della famiglia: in caso di soggetti che superano i 67 anni di età, oppure persone con disabilità non autosufficienti, la soglia si alza automaticamente a 7.560 euro annui.
Assegno di inclusione: il 26% delle domande respinte
Sono 446.256 le domande che l’Inps ha lavorato per la richiesta dell’Assegno di inclusione. Di queste ne sono state respinte il 26%, cioè 117.461: in totale secondo l’Inps dal 26 gennaio saranno 287.704 i nuclei familiari che riceveranno il pagamento dell’Adi. Tutti gli altri dovranno rinunciare al sostegno economico per irregolarità della domanda.
Come spiegato, l’Assegno di inclusione è legato al reddito Isee. Se si supera la soglia di 9.360 euro annui, la domanda non risulta idonea. In tal caso, viene appunto respinta per “mancanza del requisito economico”. Ciò potrebbe verificarsi anche per quei soggetti che percepivano il vecchio Reddito di cittadinanza, in quanto, con la nuova misura, non sono considerati, nel parametro della scala di equivalenza, i componenti maggiorenni occupabili. La misura è stata riconosciuta a tutte le famiglie che hanno presentato la richiesta per l’Adi entro il 1° gennaio 2024, sottoscrivendo il Patto di attivazione digitale (il cosiddetto “Pad”) e la cui domanda ha soddisfatto i requisiti previsti dalla normativa.