Pietro Orlandi torna a chiedere verità e giustizia per la sorella Emanuela che, il 14 gennaio, avrebbe compiuto 56 anni. “Il Papa come regalo per lei, domani, alzi la voce e spinga sulla commissione d’inchiesta”.
Centinaia di persone si sono riunite oggi, sabato 13 gennaio, davanti al Palazzo di Giustizia di Roma in ricordo di Emanuela Orlandi, scomparsa nel giugno 1983. Il fratello Pietro ha indetto per la giornata di oggi un sit-in per chiedere che la commissione parlamentare d’inchiesta, creata a settembre 2023 per proseguire le indagini sulla scomparsa di Emanuela e di Mirella Gregori, produca dei risultati e offre delle svolte.
Commissione d’inchiesta su Emanuela Orlandi. Il fratello Pietro: “Risposte sui lavori entro febbraio”
È da settembre che Pietro Orlandi attende delle risposte sulla Commissione d’inchiesta creata appositamente per tenere alta l’attenzione su uno dei misteri più fitti nella storia d’Italia, sommati a quelli già accumulati da quando sua sorella è scomparsa. Anche oggi, durante il flash mob partito da piazza Cavour, non ha accennato a cedere. “La procura non ti dice mai che cosa stia avvenendo, però so che sta lavorando mi hanno detto che Stefano Luciani, il magistrato che se ne sta occupando, sta lavorando parecchio”, ha affermato quest’oggi. Il 14 gennaio Emanuela compirebbe 56 anni e “un regalo” per lei, secondo il fratello Pietro, sarebbe che “papa Francesco alzasse un po’ la voce, in fondo l’ha chiesta lei questa inchiesta“.
Amarezza anche per la considerazione che la Commissione parlamentare d’inchiesta sta riscuotendo nell’opinione pubblica. “Mi è un po’ dispiaciuto sentire le dichiarazioni del promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi” – ha aggiunto – “Ha che c’è la volontà di indagare ma che non ci sono limiti di tempo, e dopo tutti questi anni sentirsi dire una frase del genere, dopo quarant’anni non puoi dirmi che non hai limiti di tempo”.
Indagini su Emanuela Orlandi. La questione Capaldo e il nodo degli emissari vaticani in Procura
Di fronte al muro del silenzio del Vaticano, Orlandi si è anche dichiarato fiducioso però. “Sono contento della commissione e del Parlamento perché, nonostante dal Vaticano abbiano fatto capire che non vogliono questa commissione, il Parlamento ha fatto in modo diverso e questo significa non accettare quel tipo di imposizione”. Da settembre 2023 però, i lavori ancora non hanno portato a degli sbocchi per le indagini. “Cosa consiglierei? Di non partire da zero, ma di ascoltare le persone relative a fatti avvenuti di recente: la questione di Capaldo e quella dei due emissari vaticani che sono andati in procura”, ha aggiunto Pietro Orlandi, “Quest’anno ci sono tre inchieste aperte e non è possibile che si chiudano con un nulla di fatto. Se non riescono a farlo significa che non vogliono. Mi auguro che entro febbraio possa partire la commissione parlamentare, cerco di essere ottimista”.