Una città piena di barriere fisiche, che esclude ed emargina le persone su sedia a rotelle, impedendo loro di muoversi liberamente per Roma, negando loro diritti e contribuendo a rendere i loro bisogni invisibili.
Roma odi et amo, se si parla però di disabilità, è più odi che amo. C’è un’amara rassegnazione per chi vive nella Capitale, pur sapendo che rimarrà sempre ai margini, causa barriere architettoniche che impediscono la fruizione della città, di attraversarla agevolmente. Che si tratti di viabilità, mezzi pubblici o dell’offerta dei servizi nella loro visione complessiva, Roma non è una città per disabili. Così le barriere architettoniche diventano ostacoli alla piena vivibilità di una città che lascia indietro almeno 200 mila persone.
Mezzi pubblici, ma inagibili: ascensori e montascale fuori uso
Uno dei primi scogli che una persona diversamente abile affronta nella suo quotidianità a Roma riguarda i mezzi pubblici. Le pedanine sui bus Atac spesso non sono funzionanti o necessitano l’intervento manuale degli autisti, senza considerare la maleducazione degli stessi passeggeri che alle volte non lasciano libero lo stallo che sarebbe riservato ai disabili all’interno delle vetture. Il disagio maggiore riguarda però le fermate metro: gli ascensori presenti nelle stazioni delle tre linee (A, B e C) la maggior parte delle volte non sono funzionanti.
A oggi, solo sulla linea A, sono k.o. per esempio i montascale di Subaugusta, Cinecittà, Furio Camillo, Ponte Lungo, Re di Roma, Manzoni, Cornelia, Anagnina, Colli Albani, Porta Furba e Lepanto. Ascensori inagibili anche alla stazione di Spagna, tappa obbligata sotto le feste considerando che permetterebbe alle persone disabili di raggiungere il Centro storico, se solo funzionassero. Sorte simile anche sulla metro B e perfino sulla più recente metro C, dove Torre Gaia ha l’ascensore fuori servizio.
La “città dei 15 minuti”, perlomeno quella a cui aspirava il sindaco Roberto Gualtieri, si riconferma a distanza di anni invece con delle tempistiche equiparabili a un’odissea per chi non può muoversi da casa. Lentezza, fatica e rischio per l’incolumità di chi non può muoversi, ma vorrebbe e ne avrebbe più che diritto. E invece, non solo non può farlo per strada, causa marciapiedi dissestati o dislivello del terreno, ma anche il trasporto pubblico si dimostra a distanza di anni off limits per tantissimi romani. Una situazione che coinvolge anche le linee ferroviarie che collegano Roma con l’hinterland o il litorale: caso esemplare la Roma-Lido, che da almeno tre anni soffre problemi con gli ascensori e l’accessibilità ai disabili.
Metro a Roma: almeno 50 addetti per far funzionare gli impianti
Tra le ragioni che non permetterebbero alla municipalizzata di Roma Capitale di attrezzarsi, c’è una carenza di personale. Atac sarebbe sottorganico del 20%, nonostante abbia cercato di colmare questa carenza con la vigilanza nelle stazioni, spesso però comunque inidonea. Secondo Alessandro Farina, rresponsabile dei trasporti per la Cgil, servirebbero almeno 50 addetti in più a presidio di ascensori e montascale. Il Campidoglio, consapevole di questa problematica, ha perciò recentemente siglato un accordo con i vigili del fuoco per fornire sufficiente supporto almeno sui mezzi pubblici.
L’invibilità di Roma non concerne però solo i mezzi pubblici. Bisognerebbe investire su una cultura che renda accessibile la città, a partire dai servizi complessivi al cittadino, dalla sua offerta a tutto tondo. Ad esempio i ristoranti, spesso sprovvisti di servizi igienici a norma, con spazi inadeguati per le carrozzine o montascale funzionanti, così come le strutture ricettive. Si pensi che a settembre 2023, in occasione dell’ottava edizione del Disability Pride, gli organizzatori lanciarono una lettera aperta lamentando la scarsità di hotel che fossero a misura di disabile: a Roma, secondo i promotori dell’appello, sotto i 200 euro non si trovano strutture con accessibili.
C’è da dire che Roma, nella sua bellezza e complessità, non è però l’unica città italiana a escludere i cittadini su sedia a rotelle. Lo dimostra il fatto che la commissione per le petizioni del Parlamento Ue ha accolto a settembre la petizione di Lorenzo Torto, l’attivista italiano che ad aprile 2023 ha scritto per denunciare il mancato rispetto da parte dell’Italia “della legislazione europea”. “Di fatto”, ha sostenuto Torto, “l’Italia non rispetta la direttiva Ue in materia di accessibilità”. A Roma, come nel resto del Paese, le città sono percorsi a ostacoli, costretti a fare zig zag tra il silenzio di istituzioni e la dimenticanza della collettività.