Stadio Flaminio, il nuovo anno comincia con più dubbi che certezze. Il prossimo marzo saranno 13 anni di abbandono: le possibili alternative.
4745 giorni e ancora nessuna risposta convincente. Questo il destino dello Stadio Flaminio. La struttura è ormai abbandonata da 13 anni e sembra non avere futuro. Almeno questo è quello che traspare dagli atti e le discussioni recenti, ma a riaccendere il dibattito in merito ci ha pensato il Consigliere Regionale Giuseppe Cangemi nonché Vicepresidente del Consiglio alla Pisana, quota Lega.
Nel giorno dell’Epifania, il rappresentante ha tirato fuori la questione Flaminio per attaccare frontalmente il Primo Cittadino della Capitale: “La situazione dello Stadio Flaminio è lo specchio di un’Amministrazione che trascura le grandi opere e lascia a sé stessa una comunità“. Al di là dei toni duri, in molti si chiedono ancora cosa fare con l’impianto sportivo che è stato per anni teatro di grandi imprese. L’ultima volta nel 2011, prima che l’ItalRugby si trasferisse al Foro Italico. Per esultare ancora più forte, bisogna tornare indietro di 34 anni. Era il 1990 quando Roma e Lazio si davano battaglia al Flaminio, anno del Mondiale in cui l’Olimpico era in ristrutturazione.
Rebus Flaminio: cosa ne sarà dello stadio
L’impianto, poi, ha sempre interpretato – suo malgrado – il ruolo di “incompiuta” dello sport capitolino. Anche se, in ambito burocratico, è stato tirato in ballo parecchie volte per altrettante possibilità diverse. Nessuna mai concretizzata davvero: Claudio Lotito, attuale Presidente della Lazio, aveva avanzato l’ipotesi di utilizzare l’impianto per farlo diventare lo stadio di proprietà dei biancocelesti.
L’eventualità si è presentata più volte, ma a ostacolare tutto sono stati principalmente due fattori: il primo dovuto alla creazione di paternariati (con relative cordate) fallimentari sul nascere e il secondo in relazione a importanti vincoli architettonici apparentemente impossibili da superare. In tal senso è intervenuto anche l’assessore allo Sport Alessandro Onorato che ha sottolineato come certi impedimenti potrebbero essere superabili e superati grazie alla Legge sugli Stadi.
Tre ipotesi al vaglio
Dal 2022, però, la Lazio non ha neanche presentato un modellino pubblico di impianto. Il progetto è, quindi, ancora in alto mare. L’alternativa possibile è in mano a Roma Capitale che vorrebbe instaurare una collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti insieme al Credito Sportivo Italiano. Una vera e propria opera di riqualificazione con successiva messa a bando. Oppure la struttura resta al Comune per possibili eventi e iniziative. La terza e ultima ipotesi per il futuro conduce a Palazzo Chigi: il Governo Meloni avrebbe previsto un finanziamento di 60 milioni per il riammodernamento e la messa in opera dello stadio.
Una possibilità, però, che da quando c’è Onorato come riferimento allo Sport non ha mai visto miglioramenti. Proprio l’assessore, però, a fine ottobre ha detto che entro due mesi si sarebbe pensato a un valido epilogo. In grado di portare una soluzione condivisa fra le tre ipotesi in campo (dallo stadio della Lazio, alla collaborazione condivisa con Cassa Depositi e Prestiti, fino all’eventuale finanziamento governativo). A via Dorando Pietri 34 regna ancora l’incertezza.