Ieri mattina sono stati sequestrati ben 25 cani, per maltrattamenti perpetrati con l’uso abituale della catena da parte del proprietario apriliano.
L’uomo di 65 anni sembrerebbe recidivo nel trattamento inadeguato dei suoi fedeli amici. Infatti, in passato già era stato attenzionato dagli agenti del Corpo Forestale dello Stato, per ben due volte, per la custodia di branchi, anche di 50 esemplari.
Ieri mattina, gli agenti, insieme al veterinario della ASL di Latina hanno operato il sequestro delle bestiole che vivevano in condizioni pessime all’interno del giardino della villa, alle porte di Aprilia, denunciando il proprietario per maltrattamento di animali.
Le catene che trattenevano i cani erano corte e le cucce insalubri o strette e, in più, gli animali non erano muniti del regolamentare microchip.
Ora, essi si trovano nel canile comunale, in attesa di conoscere il loro futuro, se vi sarà.
La giurisprudenza ha chiarito che per integrare il reato non occorrono lesioni necessariamente fisiche, ma è sufficiente la sofferenza degli animali, poiché la norma mira a tutelarli quali esseri viventi in grado di percepire dolore, anche nel caso di lesioni di tipo ambientale e comportamentale (Cass. n. 46291/2003; Trib. Pen. Torino 25.10.2006).
In merito alla sottoposizione a sevizie o a comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le caratteristiche etologiche dell’animale, assume valenza qualsiasi azione caratterizzata da un’evidente e conclamata incompatibilità con il comportamento della specie di riferimento come ricostruito dalle scienze naturali (Cass. n. 5979/2013)
Il reato di “maltrattamento di animali” è disciplinato dall’art. 544-ter c.p., che punisce “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche” con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
Introdotta dalla l. n. 189/2004 nell’ambito del nuovo Titolo IX Bis, rubricato “Dei delitti contro il sentimento per gli animali” e oggetto di modifiche ad opera della successiva l. n. 201/2010 che ne ha inasprite le pene, la fattispecie de qua si occupa dello stesso delitto precedentemente disciplinato dall’art. 727 c.p. (oggi rubricato “abbandono di animali“), uscendo però dall’ambito della mera contravvenzione per assurgere a vero e proprio reato, nell’ottica di un riconoscimento sempre più accentuato, in armonia con la ratio della legislazione del 2004 e di quella successiva, di una soggettività dell’animale e della necessità della sua tutela.
Il secondo comma dell’articolo in esame punisce, inoltre, per la prima volta, l’ipotesi del c.d. “reato di doping a danno di animali”, con l’intento di reprimere in particolar modo le scommesse clandestine e le competizioni tra animali, disponendo che le stesse pene previste dal primo comma, si applichino “a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate, ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi”.