Adagio arriva al cinema e Sollima chiude i conti a modo proprio con la Roma criminale. La celebre serie, invece, torna agli inizi del giallo.
Adagio per dire basta. Il film di Stefano Sollima, da oggi al cinema, è l’ultimo atto di un filone che il regista romano ha cominciato quindici anni fa. L’uomo ha aperto la strada verso un nuovo modo di concepire il crimine. Al cinema e in televisione. Prima Romanzo Criminale, poi Suburra (e Gomorra) passando per ACAB, e infine un’opera come Adagio che segna il punto di arrivo. Il regista ha sempre “giocato” con l’efferatezza delle emozioni: il primo (nel recente passato) a configurare un criminale seriale anche nella propria psicologia.
Lo ha fatto anche con Soldado, il sequel – se così si può definire – di un cult come Sicario. Quando sembra tutto già detto e altrettanto scritto – quindici anni fa Romanzo Criminale la serie apriva un varco che, oggi, Sollima vuole chiudere – c’è chi già è disposto a ricominciare il giro. Non è morbosità, ma analisi. Il true crime – in termini di visione e approccio – rende in maniera imprescindibile.
Adagio e Romanzo criminale: “l’eterno ritorno” del giallo seriale
Dipende da come viene proposto: “Suburra Aeterna” non ha entusiasmato la comunità perchè si batteva, in termini di indagine filmica, sempre sugli stessi punti. Il rischio, più che calcolato ma in termini di ascolti percorribile, era di cadere nel banale. Cose già note, suggestioni già introiettate, non possono fare la differenza. Per questo, al netto della bravura degli attori, non sempre è facile imporre un nuovo concetto di visione.
Prova a farlo Sky andando a ritroso: in fase di scrittura, quasi ultimata, infatti c’è Romanzo Criminale la genesi e Gomorra gli inizi. Due facce di una medaglia molto simile che, però, vedono con occhio diverso le possibilità di un sistema. C’è modo di approfondire come si è arrivati a determinate dinamiche e, soprattutto, perchè il crimine suscita anche un certo “fascino” in chi lo guarda in televisione o in sala. Questo non deve (e non dovrà) assolutamente favorire l’emulazione, infatti la forza di certi prodotti – oltre al realismo – è l’assenza di redenzione per tutti i personaggi coinvolti. Se scegli la malavita, finisci “malamente”. Tuttavia, il giallo fa parte della storia del nostro Paese. Tante le cose non dette e altrettante quelle da scoprire, fra archiviazioni possibili o presunte e ritardi acclamati in attesa di risposte.
Tutti aspetti che un film o una serie possono aiutare a inquadrare. La differenza sta nelle scelte di lavoro: si deve evitare un progetto “furbo” che guarda soltanto ed esclusivamente all’intrattenimento, per arrivare a una ricerca onesta che tende all’approfondimento. La settima arte non è la Giustizia, l’unica a cui rendere conto in determinati casi, ma può essere un volano per non smettere di riflettere sui sospesi della nostra cultura e di un vissuto che, nonostante tutto, l’Italia si porta dietro. Attraverso cui, per certi versi, spiegare il futuro e quel che potrebbe accadere. In fin dei conti è sempre la realtà a superare la fantasia, mai il contrario.