Il Mostro, ma anche ACAB. Pagine di cronaca nera che diventano film, in gergo tecnico questo si chiama “true crime”: perchè fa successo.
Netflix Italia si avvicina a quello che è il modello americano. Prendere un prodotto, farlo diventare cult e girarlo agli utenti sotto forma di novità. Questo è alla base della nuova industria dello streaming cinematografico che, ovunque, sta cercando di attingere da pietre miliari della storia per farne un nuovo intreccio sul piano narrativo. A volte didascalico, a volte semplicemente di genere. Quello che conta è catturare il telespettatore con qualcosa che conosce già: la storia – anche in Italia – non si fa solo con le rivoluzioni.
Spesso passa anche da alcuni lati oscuri vissuti in ombra e oggi analizzati con nuovi occhi. Ci ha pensato in primis Stefano Sollima, pensando alla modernità, quando nei primi anni Duemila ha portato all’orizzonte e all’attenzione di tutti le vicende legate alla Banda della Magliana. La cronaca nera torna alla ribalta e influenza la settima arte, riepilogando quelli che ancora oggi vengono definiti cold case. Talvolta freddi, talvolta no: significa che alcuni casi – e determinate diatribe – sono ormai risolti. Altri cercano ancora spazio. L’importante che ci sia ancora margine per raccontare.
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Il Mostro e Acab, Netflix riscopre il “true crime” all’italiana: la cronaca nera arriva in scena
Questo fa Netflix prima con ACAB (tratto dal romanzo di Bonini e dall’omonimo film di Sollima) che si conferma una serie evento e poi con “Il Mostro”. La peculiarità di questi lavori, che andremo a vedere in streaming, è quella di interfacciarsi non soltanto con le sceneggiature. Anche e soprattutto con i faldoni e i fascicoli dei processi: il genere cinematografico preso in esame – che abbiamo già avuto modo di apprezzare (sempre su Netflix) in “Sulla mia pelle” – si definisce “true crime”.
Proprio perchè parte da qualcosa di vero: s’intende non soltanto un prodotto che i media hanno raccontato, ma anche un progetto che le aule di tribunale hanno raccolto. I copioni sono fatti con l’ausilio degli atti processuali, i quali vanno studiati con la stessa dovizia di una parte. Questo non significa spettacolarizzare il dolore, ma dare una dimensione – possibilmente non troppo favolistica – alla storia vissuta. Per consentire a chi non c’era di capire e a chi c’era di rivivere e ripensare a cose che, magari, aveva rimosso. Netflix riparte dalla cultura dell’approfondimento che consiste anche nell’andare a scavare in ferite ancora aperte, affinché – se possibile – determinate cicatrici facciano meno male.