“Basta, sono costretto a chiudere e ad andare via”. Dopo un anno di attività a Viterbo, Dennis Edegbe, proprietario del Denco Africa Bar, le ha tentate tutte per lavorare e ritagliarsi un posto nella sua città. Ci vive da 7 anni con la sua famiglia, ma non c’è inclusione nella sua storia, solo l’amaro in bocca di chi si è arreso di fronte a un’ingiustizia. Il quartiere di San Faustino non l’ha accolto e nonostante i tentativi, non c’è stato modo di trovare un po’ di ospitalità alla sua tavola calda. “È una città razzista, qui la legge non è uguale per tutti”, racconta il gestore.
Per mesi è stato sottoposto a controlli della Questura e della polizia, accanimenti dei residenti e ostruzionismi delle amministrazioni di fronte all’apertura del locale, che Dennis ha rilevato mettendoci sogni e risorse. Dopo un anno, anche la tolleranza è venuta meno. “In un anno di attività ci sono state decine e decine di chiamate alle Forze dell’Ordine senza che io abbia fatto niente”, racconta deluso.
Chiude il Denco Africa Bar, il gestore: “Decine di chiamate alle Forze dell’Ordine senza motivo”
A Viterbo si è persa un’occasione, ma a perderci sono soprattutto Dennis, la sua famiglia, e la comunità nigeriana per cui il Denco Africa Bar era diventato un punto di riferimento. Giunto 7 anni fa nel capoluogo laziale, Dennis si era rimboccato le maniche per inserirsi nella cittadina senza dar fastidio a nessuno. Il suo sogno: aprire un locale con cui sfamare i suoi cari e poter accogliere i tanti nigeriani che a Viterbo non avevano spazi in cui incontrarsi e mangiare insieme. Dennis decide allora di aprirlo lui, e lo fa in piena regola, avviando la ristrutturazione di un ex frutta e verdura in via Signorelli, con tanto di licenze e autorizzazioni. A ogni procedura che porta a termine con i dipartimenti comunali, però, subentra un’altra che rallenta l’apertura del locale. Tra gineprai burocratici, il gestore riesce comunque a inaugurare la sua attività, ma a creare problemi, stavolta, sono gli stessi abitanti.
Insulti razzisti e accanimenti degli abitanti: “Viterbo è una città razzista”
Dal giorno in cui Dennis ha avviato la sua attività, ha raccolto tanta amarezza. Tra insulti razzisti e accanimenti, lavorare a Viterbo è diventato ogni giorno più difficile per lui. Alcuni residenti, racconterà, per creargli fastidio cominciano a parcheggiargli l’auto di fronte all’ingresso del locale, impedendo il passaggio. Il comitato dei residenti di zona, nonostante Dennis avesse ottenuto regolare licenza per la somministrazione delle bevande e quella per la musica, ha comunque continuato a chiedergli di non prolungare l’orario di apertura oltre le 20, precludendo il suo lavoro. Alle richieste si aggiungono poi i controlli a tappeto delle Forze dell’Ordine, sollecitate dalle lamentele dei residenti: “Lunedì in questura, martedì la polizia locale, il 10 ottobre un gruppo di residenti si è riunito perché il Comune mi ha, legittimamente, rilasciato la licenza per esercitare. Una addirittura ha osato dire che l’avrei minacciata con un coltello di fronte ai suo figli“, racconta Dennis.
Secondo il suo legale, Giacomo Barelli, è l’esempio di una storia finita male, che viola i principi costituzionali. Un blog arriva addirittura a diffamarlo, scrivendo che il proprietario del locale avrebbe un procedimento aperto a suo nome. Non è la prima volta che tentano di infangarlo e ostacolarlo, come racconterà lo stesso ristoratore. Una rissa, avvenuta nella piazza adiacente al locale, è l’occasione a pennello per fargli chiudere l’attività per 15 giorni, giudicandolo coinvolto. Niente di vero, afferma Barelli, intanto però la comunità nigeriana e i clienti affezionati promettono di scrivere al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Stavolta è Dennis a voler chiudere, non ce la fa più: “Mi hanno negato la dignità umana a causa del colore della mia pelle”, racconta affranto.