Una vicenda di presunti abusi e botte. Di quelle che troppo spesso si verificano tra le mura domestiche e hanno come vittime donne, mamme, mogli e come aguzzino un marito violento. A volte, proprio come in questo caso, tanto da far pensare che sarebbero state le percosse dell’uomo a provocare la morte della moglie. Fatti per i quali il pubblico ministero della prima corte d’Assise di Roma, come riporta La Repubblica, ha chiesto la condanna dell’uomo a 19 anni di carcere.
La ricostruzione dei fatti della pubblica accusa
Oggi è stata la volta della requisitoria conclusiva della pubblica accusa, che al termine della ricostruzione dei fatti che avrebbero portato al decesso della donna il 15 gennaio del 2021, nel corso di un processo con giudizio immediato, ha chiesto la condanna esemplare per l’imputato.
I fatti, così come ricostruiti nel corso delle indagini sono agghiaccianti. Le botte ripetute. Calci e pugni che avrebbero provocato l’acuirsi di patologie e poi la morte della vittima. Una donna abusata non solo a causa di violenze fisiche, secondo la pubblica accusa, ma anche psicologiche. Minacce e percosse che sarebbero andate avanti per lungo tempo tanto da fiaccare la donna fisicamente e anche moralmente, fino ad arrivare a un’aggressione nei primi giorni del 2021, feroce. Botte senza esclusione di colpi e la minaccia da parte dell’uomo di incendiare casa dei genitori della vittima. Dopo qualche giorno il decesso della vittima.
La donna aveva persino paura di rivolgersi a un centro antiviolenza, temeva per la sua bambina
Terrore e ansia avrebbero caratterizzato la vita della donna che pare abbia avuto paura di rivolgersi a un centro antiviolenza perché temeva le conseguenze, non tanto per sé, ma per la sua bambina che alle violenze pare abbia costantemente. Una ricostruzione minuziosa quella del pm che ha prospettato un quadro accusatorio terribile e al quale l’imputato s’è dichiarato del tutto estraneo. ‘Forse qualche schiaffo, ma niente altro’ avrebbe detto in udienza. Si aspetta ora la decisione della Corte d’Assise, ma solo dopo che la difesa avrà pronunciato la sua arringa, solo dopo che gli avvocati del presunto orco avranno avuto la possibilità di esporre la versione dei fatti del loro assistito.