Bernardoni, una parola ormai poco ricorrente all’interno del dialetto romano. Eppure, questa parolina – almeno nella nostra città, ha un importante significato legato alla vita di tutti i giorni. Infatti anche attualmente, se stiamo attenti, possiamo sentirla pronunciata, considerato come lo utilizzano i nonni romani quando parlano coi propri figli o i nipoti: indicare con quel vocabolo gli occhiali da vista.
I bernardoni nel dialetto romanesco
Il romanesco trasteverino sta gradualmente sparendo. Forse perché non tramandato più dai nostri nonni, lasciando nelle periferie piede a un ibrido volgare di un italiano maccheronico. Nulla, per intenderci, a quel romano parlato da Trilussa, oppure teatralmente da Alberto Sordi, Nino Manfredi, Lando Fiorini o Vittorio Gassman. Ecco allora come anche i “bernardoni”, tanti utilizzati da tutti, sono lentamente spariti anche nella dialettica dei ceti più popolari della nostra Roma.
I bernardoni: un termine utilizzato anche fuori Roma
Con il termine bernardoni, si indicano gli occhiali. È un mistero il motivo di una simile parola per indicare le lenti da vista, ma è plausibile pensare come dietro si nasconda la solita ironia che contraddistingue il dialetto romano. Che Bernardo si chiamasse un uomo coi grandi occhiali? Chissà… Resta però come, a livello d’influsso, questa parola romana sia arrivata anche in altre città del Lazio e del Centro Italia, sentendo magari qualche anziano utilizzarla anche in altri comuni diversi da quello di Roma.
Il romano nella cultura di massa
Con la sua carica di simpatia e capacità di sdrammatizzare i momenti, la parola “bernardoni” è stata assorbita nei dialetti delle altre cittadine al pari di altri detti tipicamente romani. Tra questi, basta citarne quello più famoso: “Sei er fijo dell’oca bianca”, oppure il conosciutissimo “Nun farte infinocchià”, pronunciato spesso dai nostri genitori quando andiamo incontro a qualche fregatura nel mondo delle compere.
La capacità del romano di raccontare la quotidianità
Al pari di bernardoni, tante sono le parole che il romano negli anni ha fatto sue. La capacità di questo dialetto, infatti, è stata quella di poter dare una traduzione divertente ed esilarante a tanti termini che ci ritroviamo tra le mani nella quotidianità. Non solo gli occhiali, se pensiamo come in casa la sedia si trasforma nella particolare parola de “a’seggiola” dove sedersi.
Il romano per raccontare le giornate delle persone
Se bernardoni è la parola che abbiamo analizzato per questo articolo, ci sono però parole più note per manifestare la simpatia della lingua romana. Se il dialetto sta vivendo un periodo di crisi, dettato dai giovani che non lo imparano e parlano più, rimane costante invece una parola all’interno del dizionario delle varie generazioni che si susseguono: l’abbiocco. Questo, un termine per indicare un improvviso colpo di sonno, soprattutto quando questo avviene nei momenti dove la persona dovrebbe lavorare.
Alcune parole romane resistono ai tempi
In un periodo storico dove non si parla un perfetto italiano, ma le fasce meno acculturate propendono per un ibrido più volgare, alcune parole romane resistono alla sfida dei tempi. Dopo i meno noti bernardoni o la parola per indicare “abbiocco”, tale condizione la troviamo con la terminologia di “caciara”. La parola era utilizzata puntualmente dagli adulti romani che ci sgridavano quando eravamo bambini, con loro che indicavano con essa uno stato di confusione dove eravamo implicati. La frase, se andiamo nei meandri della nostra gioventù, l’avremmo sicuramente sentita dalle nostre mamme, le nonne o le baby sitter romane che venivano a guardarci in casa. Capitava, non di rado, di sentirlo pronunciare alle macchie maestre di scuola elementare romane, solite urlare ai propri bimbi più discoli: “Ma che è sta caciara?”. Una Roma che, seppur Anni ’90, al giorno d’oggi non esiste più.