Aveva fatto notizia il turista inglese di origini bulgare che il 23 giugno scorso ha sfregiato il Colosseo al fine di dichiarare il suo amore alla propria fidanzata. “Ivan+Haley“, questo aveva inciso con una chiave su uno dei muri dell’Anfiteatro Flavio, e l’azione è stata immortalata in video da altri turisti consentendo alle autorità di perseguirlo penalmente. Ma questa città, si sa, in ordine alla sua burocrazia è surreale. Ebbene, il 27enne avrebbe comunicato più volte la propria disponibilità a risarcire il danno. Peccato però che il Campidoglio non gli dia gli estremi per effettuare il bonifico.
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Le scuse pregresse di Ivan Dimitrov
I militari dell’Arma incaricati delle indagini lo avevano rintracciato a Londra, facendogli nominare un avvocato ed eleggere domicilio. Il reato in essere è danneggiamento di beni culturali. Poi è stata la volta del mea culpa del ragazzo che, probabilmente consigliato da un legale, aveva inviato una lettera di scuse presso il sindaco Gualtieri e alla Procura di Roma. Nella missiva asseriva di non conoscere il valore storico e culturale del Colosseo, cosa che ha fatto sorridere molti, ammettendo però l’errore e scusandosi con l’universo mondo. Dopodiché il 27enne si è offerto di risarcire il danno in toto, anche in ordine alla sospensione condizionale della pena, prevista in casi come questi. Il Pm titolare delle indagini, il dottor Nicola Maiorani, ha dato il nulla osta incaricando i carabinieri di piazza Venezia di comunicare l’entità del danno.
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Il Campidoglio non comunica l’Iban: “Amministrazione romana come Paese africano degli anni ’80”
Così il legale del ragazzo. Già, perché dopo che l’entità del danno è stata periziata e stabilita in 965 euro più Iva dall’architetto Barbara Nazzaro e dopo tre mesi di solleciti da parte dell’avvocato difensore e della Procura, il Campidoglio ancora non ha fornito l’Iban al fine di ricevere il denaro. L’avvocato Alexandro Maria Tirelli, che difende Dimitrov, ha dichiarato al Messaggero che: “Insieme al magistrato ci siamo dovuti scontrare contro la burocrazia della pubblica amministrazione, degna di un Paese centro africano degli anni ‘80 e che andrebbe ridimensionata dalla politica. Trovo assurdo che la legge imponga una condizione per la concessione della sospensione della pena e la pubblica amministrazione, di fatto, impedisca di realizzarla“. Dal Parco Archeologico si difendono sostenendo che la richiesta delle coordinate bancarie è arrivata solo il tre ottobre scorso.