Home » News Roma » Roma: “E’ morto papà”, manda un certificato medico (falso) per non lavorare. Bidello assolto

Roma: “E’ morto papà”, manda un certificato medico (falso) per non lavorare. Bidello assolto

Pubblicato il
Buone notizie per il mondo della scuola: stanziati quasi 48 milioni per il Piano annuale degli interventi del sistema educativo regionale.

Roma, finge la morte del padre per non lavorare. Assolto un bidello 52enne, la vicenda fa discutere anche a margine di un certificato falso.

Solitamente sono i bambini o i ragazzi a fingere di avere un problema per saltare la scuola. Stavolta, invece, è toccato a un bidello. 52enne, selezionato per alcuni giorni di supplenza presso l’Istituto comprensivo di via Trionfale. I fatti risalgono al 2019, ma diventano attuali in seguito a un’assoluzione che fa discutere. L’uomo, nello specifico, era stato chiamato precedentemente in quella scuola. Avrebbe, quindi, dovuto fare altri giorni di supplenza.

Soltanto che per cause di forza maggiore, secondo quanto riportato dal diretto interessato, non si è potuto presentare al lavoro. Il motivo: un lutto familiare, causa massima che prevede tre giorni di permesso. Tutto bene fin quando la dirigente scolastica non è stata costretta a consultare i registri della graduatoria dei supplenti, dovendo prendere un sostituto si è resa conto che l’uomo colpito dal lutto familiare in realtà quello stesso giorno aveva dato disponibilità per lavorare altrove.

Nuove regole scuola, cosa cambia con il 6 in condotta: tutte le novità

Roma, bidello nel mirino: finge la morte del padre per non lavorare, assolto

La donna, incredula, chiama il collaboratore chiedendo delucidazioni. A quel punto il bidello conferma la tesi luttuosa e la dirigente chiede – come da prassi – un certificato di morte che attesti la dipartita. A mali estremi, estremi rimedi. Il certificato arriva, ma la donna non si fida ancora e contatta la struttura. Al Gemelli – il certificato presentava il simbolo di quell’ospedale – non risulta niente. Allora l’uomo si ritrova nell’occhio del ciclone, messo alle strette dai PM confessa e dice che non rifarebbe quanto mostrato in quei giorni.

Il certificato poi ha un’altra spiegazione: “Avevo paura – racconta – che se avessi detto di star male mi avrebbero costretto a lavorare ugualmente. Così ho affermato che fosse morto mio padre, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente”. Le accuse sono di interruzione di pubblico servizio e falsificazione di documenti, la sentenza definitiva del PM Giovanni Nostro tuttavia riporta l’assoluzione da entrambi i capi d’imputazione.

La vicenda è archiviata, non le polemiche a fronte di qualcosa che fa sicuramente discutere sul piano etico, civile e deontologico. La madre dell’accusato prova a spezzare una lancia in favore dell’uomo: “In quegli anni stava passando un brutto periodo”. L’impressione, però, è che le scuse siano fuori tempo massimo. Non per la Giustizia che lo assolve, ma la comunità bolla tutta questa vicenda come un’onta senza precedenti. 

Impostazioni privacy