L’acqua è un bene prezioso per la vita. Non si tratta di un luogo comune o di una frase fatta, ma di un dato di fatto, vista l’importanza che ricopre nella quotidianità, non solo per esigenze strettamente personali, ma anche per l’irrigazione dei campi, per la regolazione del clima, senza contare che svolge un ruolo sostanziale per piante e animali. Ma l’elenco è lungo e certo non si ferma qui…
Nasce la curiosità sulla ‘destinazione’ dell’acqua che esce dalle fontane pubbliche
Sono tante le campagne di sensibilizzazione sul corretto uso dell’acqua, molte vengono realizzate negli istituti scolastici, al fine di sensibilizzare le nuove generazioni. E in molti nasce la curiosità: Che fine fa l’acqua che sgorga delle fontanelle pubbliche? Una domanda che scaturisce proprio dal principio, sempre più diffuso, di non sprecare una risorsa tanto preziosa. Tante le critiche che negli anni sono state mosse ai vari Comuni che contano sul proprio territorio la presenza di diverse fontanelle pubbliche a getto continuo. Giudizi negativi che nascono dall’idea che si tratta di un bene primario che viene sperperato, con danni economici e ripercussioni sulla carenza idrica.
La Capitale conta ben oltre 2.500 fontane pubbliche
Roma è una delle città che conta il maggior numero di fontane pubbliche, sono oltre 2.500, e tra queste vengono contemplati anche i 200 nasoni e 90 fontane artistiche dalle quali sgorga acqua potabile. Sono un elemento imprescindibile per la Capitale, in quanto sono uno dei suoi tratti caratteristici. Ma la domanda è: che fine fa l’acqua che esce dalle fontane a Roma?
Che fine fa l’acqua che esce dalle fontanelle di Roma?
È stato studiato e realizzato un ciclo virtuoso dell’acqua, perché una volta che raggiunge la fognatura viene depurata e riutilizzata per l’irrigazione dei campi, in particolare le colture che si trovano a sud della città. Insomma il bene primario erogato dalle fontane pubbliche non viene assolutamente sprecato a Roma. Anche perché sembrerebbe che la maggiore dispersione dell’acqua dipenda, piuttosto, da problemi nelle tubature. Sembrerebbe, infatti, che il cinquanta per cento della dispersione dipenda proprio da tubazioni fatiscenti. E quest’ultimo non sarebbe un problema strettamente legato alla Capitale, ma riguarda anche altre città. A confronto di questi ultimi dati, le indagini svolte attestano che le fontane producono una percentuale estremamente ridotta di spreco dell’acqua.
Nasoni sempre aperti per evitare che la pressione potesse danneggiare le tubature
In fondo la decisione di lasciare costantemente aperti i nasoni a Roma non è certo recente e non è nata solo dalla volontà di rendere la città più accogliente, esteticamente più pregevole o dal desiderio di mettere a disposizione di cittadini e dei turisti acqua potabile con la quale dissetarsi in vari quartieri della città e nelle diverse ore del giorno, ma ha avuto origine soprattutto per evitare che la pressione dell’acqua potesse danneggiare le tubature provocando dispersioni.
Tante le vene d’acqua a Roma e pertanto gli antichi romani avevano realizzato varie fontane
D’altro canto la Capitale, proprio per la sua conformazione, conta numerose vene d’acqua, ed è per questo motivo che i romani hanno ritenuto opportuno realizzare fontane in diverse zone della città. Una soluzione volta a evitare che ci fossero varie sorgenti spontanee sparse per la città. Nacquero, però, ad opera degli antichi romani le cosiddette ‘fontes’ grazie alle quali venivano incanalate acque sorgive, evitandone la dispersione. All’inizio veniva utilizzate soprattutto per fini pratici, principalmente per far abbeverare il bestiame, solo in seguito venne valutato il valore estetico. Contemporaneamente fu adottato anche l’uso di vasche e bacini che raccoglievano l’acqua e la trasportavano attraverso condotte. A seguire furono realizzati anche gli acquedotti che permettevano la realizzazione di fontane distanti dalle sorgenti naturali.