È considerata a ragione una delle più belle isole del Mediterraneo. Fa parte dell’arcipelago delle isole Pontine, ed è la terza in ordine di grandezza. Stiamo parlando di Palmarola, che a differenza di Ponza e Ventotene, accoglie in sé maggiore selvaticità. È disabitata, tranne per qualche presenza estiva e vacanziera e dista dieci chilometri da Ponza. Chiamata anche La Forcina per la sua forma, prende in realtà il nome dalla palma nana, che cresce selvatica sulla sua superficie. L’isola era nota in antichità col nome Palmaria.
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Grotte, faraglioni, spiagge e baie incontaminate
Rara bellezza. Un paradiso incontaminato si staglia a tutti coloro che hanno la fortuna di visitarla. Baie, faraglioni, piccole spiagge luminose che testimoniano il suo stato selvatico, mai modificato dalla presenza umana. Per questo dal 1998 Palmarola è una riserva naturale protetta. Segni di antropizzazione si trovano solo nell’approdo di Cala del Porto, o nelle grotte rupestri. Come le altre isole dell’arcipelago, Palmarola è terra di origine vulcanica. Le colate laviche e la presenza di riolite testimoniano la sua età. La sua formazione risale a 4,2 milioni di anni fa. Sono presenti significativi giacimenti di ossidiana. La sua geografia fisica è caratterizzata da tre rilievi principali. Monte Guarnieri, Monte Tramontana e Monte Radica. Le due estremità dell’isola sono costituite dalle punte di Tramontana e di Mezzogiorno. Sono presenti reti di sentieri scoscesi; l’isola nel complesso è inospitale, ma forse è proprio per questo che regala un paesaggio mozzafiato. Sono prevalentemente gli stessi ponzesi, d’estate, a raggiungerla, in fuga dalla loro isola. I suoi colori sono l’azzurro, il giallo dei fiori selvatici e il verde; l’impatto è così fortissimo.
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Una terra sospesa nel tempo
A dire il vero qualche costruzione c’è. Una villa privata, e un ristorantino per pochi eletti, attivo solo in qualche periodo stagionale. L’accesso all’isola è possibile solo attraverso l’approdo ciottoloso di Cala del Porto e non ci sono, come detto, delle vere strade, ma solo sentieri. Qui è sepolto San Silverio, che da Papa visse la fine dei suoi giorni in esilio. Fu Papa per un solo anno, dal 536 al 537, quando rinunciò alla carica e fu deposto. È quindi lui il santo patrono dell’isola e a lui è dedicato uno splendido faraglione tanto di omonima cappella. Qui si tiene periodicamente una scenografica cerimonia marina al fine di celebrarlo. La fauna e la flora marina, manco a dirlo, sono variegatissime e inframmezzate dal relitto di una nave da guerra affondata durante la Seconda Guerra Mondiale. È banalmente Ponza il miglior punto di partenza per raggiungere Palmarola, grazie ad agenzie di navigazione e imbarcazioni private. Ma si può partire per l’isola anche dai porti di San Felice Circeo e Terracina, presso la costa laziale. Ad ogni modo Palmarola è stata abitata in passato. Molto nel passato. L’isola era frequentata nel Neolitico e nell’Eneolitico da tribù dedite al commercio di ossidiana, che introducevano poi nella penisola. Sono infatti stati ritrovati dagli archeologi resti di ceramica e alcuni oggetti di ossidiana lavorati nell’Enoelitico. Questa terra è un paradiso per molti versi. Basti pensare non solo alle sue acque limpide, ma anche al fatto che siano molto pescose. Chi ama le immersioni, poi, qui non potrà che innamorarsi dei suoi fondali. Soprattutto per questo molti sostengono che Palmarola non abbia nulla da invidiare ai paesaggi polinesiani o alle Maldive stesse. Una curiosità; qui sono presenti le cosiddette case grotta. Sono fondamentalmente dei rifugi in cui in passato ci si rifugiava per sfuggire ai pirati. Oggi sono adattate dai pochi fortunati che possono raggiungere l’isola, e ci sostano per qualche tempo. Da visitare, sicuramente, sono un gruppo di scogliere denominate Le Galere. Sono scogli maculati, nero su ocra, di ossidiana. Praticamente un vetro nero purissimo.