Nell’ambito dell’udienza di convalida dell’arresto del 45enne marocchino accusato dell’omicidio dell’infermiera Rossella Nappini avvenuto lunedì scorso, l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere. Presso il carcere di Regina Coeli l’indagato è rimasto in silenzio davanti al Giudice per le Indagini Preliminari. La Procura gli contesta anche l’aggravante della premeditazione.
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A.H. era sicuramente sul luogo del delitto
Le indagini procedono speditamente. Infatti le prove che sono state raccolte finora collocano il marocchino sul luogo del delitto. A suffragio le testimonianze dei residenti, compresa la madre della vittima. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza limitrofe alla scena del delitto, che immortalano l’uomo non distante dal palazzo di via Giuseppe Allievo. Poi, ancora, le analisi delle celle telefoniche che situano il suo smartphone agganciato alla zona in questione. Il quadro indiziario è quindi particolarmente sostanzioso e può bastare per processare il 45enne e chiedere l’ergastolo. Le indagini comunque procedono ancora. Si attendono i riscontri oggettivi sui vestiti e si cerca l’arma del delitto.
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Manca l’arma del delitto
Il Pm ha delegato per le indagini gli agenti della Squadra Mobile che cercano ancora l’arma del delitto. Ovvero il coltello che ha ucciso la donna. Almeno venti coltellate hanno posto fine alla vita di Rossella Nappini. Si attendono anche i rilievi prodotti a casa di A. H. la notte del suo arresto. Gli inquirenti lo hanno trovato nel suo appartamento di Torrevecchia che condivideva con altre due persone. La polizia scientifica ha attenzionato particolarmente le scarpe che indossava il giorno del delitto e che, pare, avrebbe lavato una volta rientrato in casa. Il killer, poi, si sarebbe accuratamente fatto la doccia, ma pare che non sia riuscito ad eliminare tutte le tracce del delitto dell’infermiera.