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Antica Roma, le donne non avevano un nome: come venivano chiamate?

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Il nome ha un significato particolare per ciascuno di noi, identifica la persona e, in qualche modo, esprime anche dei tratti caratteriali e della personalità di chi lo porta. Oggi è un elemento imprescindibile per ciascuno di noi, visto che contribuisce anche a darci una percezione diversa del mondo che ci circonda. Ma nell’antica Roma era completamente diverso. Il nome dipendeva dal periodo storico e status sociale. Quest’ultimo era un elemento preponderante soprattutto per le donne, nell’assegnazione del nome. Grazie allo stato sociale conquistato anche attraverso l’eventuale azione politica e all’attività svolta tra la collettività alcune esponenti del gentil sesso hanno ottenuto un nome, mentre altre non ne avevano proprio.

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Il sistema nominale dell’antica Roma 

Assai articolato era il sistema nominale dei romani che prevedeva: un praenomen, un nomen, un cognomen e solo eventualmente un agnomen. Il primo indicava quello che per noi oggi è il nome di battesimo, mentre il nomen era quello della famiglia di origine, il cognomen distingueva i vari nuclei familiari appartenenti alla stessa gens e, infine, l’agnomen era un nomignolo che veniva attribuito in base alle caratteristiche personali o anche come titolo onorario a persone che si erano distinte in eventi particolari, non di meno in battaglia.

Le donne erano ‘prive’ di nome che dipendeva dal padre e dal marito

Le donne, in particolare, erano identificate con un nomen e cognomen che dipendevano completamente dalla famiglia di origine e dalla gens della quale facevano parte. Quasi assurdo che una donna potesse avere un agnomen, trattandosi di nomignoli che venivano attribuiti nel caso in cui la persona si rendesse protagonista di gesta particolarmente rilevanti. D’altro canto la posizione della donna era assai discriminata nell’antica Roma. Non prendevano parte alla vita amministrativa o politica, non esercitavano diritto di voto e non potevano ricoprire incarichi pubblici. Chiaro, quindi, che vivesse ai margini della società e completamente succube dagli uomini. Non solo non aveva diritto al nome se non in funzione di un uomo, che fosse il padre o il marito, ma non potevano neanche esercitare i diritti civili, perché anche per questi ultimi era necessario ci fosse il consenso di un uomo.

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In alcuni casi le donne avevano un praenomen

Unico elemento distintivo delle donne era il praenomen, quello che per noi oggigiorno è il nome di battesimo. Ma era un concessione, un tratto distintivo, sulla quale non tutte potevano contare. Non era la regola dare un praenomen alle donne, anche perché anche quando succedeva, non rappresentava in realtà, un vero tratto distintivo. Erano diverse ad avere lo stesso praenomen e, quindi, a confondersi tra loro. Per poter individuare effettivamente un’esponente del gentil sesso era necessario fare riferimento, grazie al nomen e al padre prima e al marito poi. Quando, a un certo punto si è iniziato a riferirsi alle donne con: Giulia, Cornelia, Flavia, non si trattava di nomi di persone, ma nomi gentilizi al femminile.

Onomastica consisteva nei tria nomina

Nell’antica Roma, quindi, l’onomastica prevedeva i cosiddetti tria nomina (praenomen, nomen e cognomen), a cui a volte si aggiungeva anche l’agnomen, con riferimento esclusivamente a quegli uomini in relazione alla fama che avevano conquistato; tutt’altro discorso, invece, veniva fatto per le cittadine romane che non avevano diritto a un nome, ma ereditavano il proprio praenomen dal nomen della gens paterna o del marito e che hanno dovuto aspettare di arrivare all’età repubblicana per vedersi riconoscere una forma femminile del cognomen. Ad esempio: Piscilla da Piscus o Lucilla da Lucius. Nonostante tutto, l’identità della donna restava subordinata, quasi annientata dalla figura dell’uomo. Quello dell’onomastica romana rappresenta un segnale chiaro del ruolo che la donna ricopriva nella società.

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