Denutriti, sporchi e segnati da cicatrici di una vita troppo breve per avergli già provocato tracce indelebili di un passato di stenti e degrado. Pietro e Paolo, così sono stati chiamati (nomi di fantasia ndr) dal policlinico Umberto I i bimbi, di 4 e 6 anni, protagonisti di questa assurda storia di abbandono e sofferenza.
Salvati dagli agenti di Polizia che li ha trovati vicino al Raccordo
Due piccolini trovati sul ciglio di una strada, poco distante dal Raccordo anulare da agenti di polizia. Divise blu che per i giovanissimi protagonisti di questa storia resteranno, probabilmente, per sempre i colori della speranza per un futuro migliore. Sono stati proprio i poliziotti a portare quei due bimbi al pronto soccorso del Policlinico Umberto I perché fossero curati, accuditi e soprattutto sfamati. Perché l’unica cosa davvero comprensibile che i due piccini hanno chiesto al personale sanitario è stato: ‘Non vogliamo tornare da mamma, abbiamo fame, vogliamo un gelato’. Una richiesta banale per qualsiasi bambino, un dono immenso per Pietro e Paolo che ha dato il senso di quanto abbiano dovuto fare i conti con i morsi della fame.
Il Policlinico romano ha deciso di raccontare la storia di Pietro e Paolo e lo ha fatto con un lungo post sui social, solo qualche giorno fa. Una storia che risale, però, al 10 maggio scorso, quando questi due ‘cuccioli’ sono arrivati nel presidio ospedaliero denutriti, spaventati, disorientati, ma soprattutto affamati.
Il personale sanitario si è prodigato per dare ai due piccini le cure necessarie
Immediatamente sono stati ricoverati nel reparto di Terapia intensiva pediatrica, seguiti dalla professionalità e dal calore del team della dottoressa Laura De Vito. Appena possibile sono stati trasferiti a Gastroenterologia pediatrica, seguiti dalla dottoressa Marina Aloi, dove hanno ricevuto altrettanto affetto, oltre, naturalmente a una grande competenza medica.
I due bimbi ‘avevano mangiato terra’
E se la vicenda in sé già stringe il cuore, i risultati degli accertamenti che sono seguiti, hanno contribuito a gettare nello sconforto il personale sanitario, visto che le indagini mediche hanno rilevato che ‘avevano mangiato terra’. Insomma per sedare la fame sarebbero arrivati al punto di nutrirsi di zolle di terreno. Una testimonianza del gravissimo livello di malnutrizione nel quale si trovavano. Ma il personale dell’Umberto I ha affrontato la situazione nel miglior modo possibile. “L’equipe di medici e sanitari attivata intorno a Paolo e Pietro – si legge nel post – ha lavorato su differenti piani. I neuropsichiatri infantili hanno approfondito l’aspetto neurologico mentre grazie alla dedizione di nutrizionisti, come la Dottoressa Isabella Preziosa, e dietisti, come la Dottoressa Romina Alberti, è stata creata una dieta personalizzata per ciascuno di loro. Una dieta costantemente aggiornata in base alle loro necessità ed ai loro piccoli ma costanti miglioramenti che, col tempo, ha consentito loro di poter mangiare tutto senza problemi”.
Il personale sanitario li ha curati ed è stato capace di creare un rapporto di fiducia con i piccoli
Ma la sensibilità dell’equipe medica ha ben compreso che non c’era da curare solo problemi fisici. Quei due bambini avevano bisogno di ricevere amore, comprensione, attenzione, costruire rapporti di fiducia. Ed è stato così che cinque infermieri, coordinati dal dottor Carmine Rullo, li ha seguiti passo passo per 24 ore al giorno.
C’è voluto del tempo. Il tempo necessario a curare non solo ferite fisiche – il più piccino al suo arrivo nel nosocomio non riusciva neanche a camminare -, ma soprattutto quelle psicologiche, provocate dall’abbandono, dal pensiero di dover contare solo su loro stessi, di non poter fare affidamento su nessuno. C’è voluto un po’ prima che riuscissero a guardare con fiducia il personale sanitario, condividendo anche effusioni, fino ad arrivare a calorosi abbracci e risolvere anche i problemi medici. La professionalità degli operatori dell’Umberto I non si è manifestato solo nella cura dei due corpicini tanto provati, ma nella capacità di creare quella fiducia che probabilmente Pietro e Paolo non avevano mai conosciuto.
Ora si trovano in una Casa famiglia e possono essere adottati
“Per i due bambini – spiegano ancora dal Policlinico – si è cercata una Casa Famiglia in cui potessero vivere, crescere e divertirsi come dovrebbero fare due bimbi. Il 6 luglio hanno lasciato l’ospedale. Il più grande è andato subito nella nuova Casa, mentre il piccolo Pietro è stato sottoposto a un delicato intervento in Neurochirurgia Pediatrica per ridurre delle raccolte ematiche, causate dalle percosse subite negli anni, che pressavano sul suo cervello e ne compromettevano la vista e altre funzioni”. Ma anche questi problemi di salute sono stati, per fortuna, superati, e ora Pietro e Paolo vivono in una Casa famiglia e possono essere adottati. Solo qualche giorno fa sono tornati all’Umberto I per controlli e le loro condizioni sono notevolmente migliorate.
Un epilogo felice per una storia di dolore
Un epilogo felice per una storia struggente di “lotta e rinascita, resa possibile grazie allo spirito di sacrificio, collaborazione e abnegazione al lavoro degli straordinari professionisti del Policlinico Umberto I di Roma. Auguriamo ai nostri due angioletti di avere presto una famiglia che li ami incondizionatamente e che garantisca loro un futuro ricco di amore, gioie e soddisfazioni. Dopo quello che hanno passato nei primi anni di vita, nessuno lo merita più di loro. Ringraziamo di cuore tutti i medici, infermieri, volontari e personale che hanno dedicato loro tutta la professionalità e l’amore possibili e hanno reso possibile questo lieto fine”.