Civico 9/b di via Acqui, a Roma. Sorge qui la Libreria ‘900 di Carta, formalmente tra Furio Camillo e Re di Roma. Ma sono i sensi a riportare in un luogo utopico e ucronico, un posto senza spazio e senza tempo. C’è chi dice che qui “si possono ritrovare le parti smarrite di se stessi, perché ciascuno conserva la memoria fisica di un libro mai avuto“. Indubbiamente romantico. Tutto è giusto, se parliamo della casa di un libro. Dai primi testi che è possibile scorgere; uno dei preferiti di Archie, il libraio, campeggia sul bancone. È Vicolo del Cardello, di Luigi Chiarini. Un libro mai avuto che Archie adesso possiede, ed espone fieramente, anche a causa della dedica scritta a penna.
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Libreria ‘900. L’arte per l’arte
Il filosofo Pierre Bourdieu auspicava l’autonomia tra i tre campi strutturali della società. Il campo economico, politico e quello artistico devono essere indipendenti. Per farlo, in Genesi e Struttura del Campo Letterario, prendeva come spunto l’opera dei Poeti Maledetti. A questo fa pensare il modo di gestire questa libreria; libri rari, d’0ccasione della letteratura sono qui i protagonisti. Attiva dal 2003, qui ci si occupa principalmente di letteratura e poesia italiana e straniera del XX secolo. Ma anche cinema, teatro, illustrazioni per l’infanzia, gastronomia, umanistica, arte, storia e tanti altri argomenti culturali. Un settore specifico è riservato alle riviste di poesia, letterature e costume del Novecento, con particolare attenzione alle case editrici meno note. Questa è la casa di Archie R. Pavia, che omaggia senza risparmio importanti personaggi del secolo scorso. Carlo Emilio Gadda, Cesare Pavese, Luciano Bianciardi, George Orwell, Federico Fellini, Francesco de Gregori, I Beatles, Leo Longanesi e molti altri.
“Questa copia è mia come poche cose al mondo”
È per lui questa dedica, per Archie. Ma è sicuramente il suo valore simbolico, il benvenuto per tutti presso la libreria. Perché ogni copia può essere di chiunque, personale, intima, come il potere evocativo che poniamo in essere quando ci immergiamo nella lettura. Soggettivo, come se guardando la stessa cosa, vedessimo tutti una declinazione della stessa con colori e sapori diversi. Basati sulle nostre esperienze. In fondo è questa l’esperienza della lettura. Un feticcio, come il biglietto d’addio di Cesare Pavese prima del suicidio, anticipa L’Arte della Fuga, di Giuseppe Pontiggia. Fuori dallo spazio, fuori dal tempo sì; ma difficilmente qui qualcosa è fuori catalogo. Si è tutto fermato, secondo il valore stesso, autonomo, della stessa opera, esattamente come dovrebbe essere una libreria o un museo. E allora didascaliche diventano le spiegazioni di Archie, che non manca di sottolineare che ogni libro proviene da un altrove. Che la sua predilezione è per gli autori italiani caduti nel dimenticatoio. Che anche se non vengono richiesti, per vent’anni, in questa casa loro continuano ad essere presenti. Come Carlo Bernani o Michele Prisco. C’è chi cerca, come spesso ha fatto chi scrive, libri prestati e mai restituiti. Ricordi perduti come il sussidiario delle scuole, amori e ricordi perduti per sempre. Il libro, in questo locale affascinante, sarà sempre e solo di carta. La carta che deve sempre scorrere tra le dita, come è giusto che sia ogni esperienza sinestetica fatta di suoni, odori, sapori, colori. E tatto.
‘Hilla Von Rebay – La donna dell’arte’ di Luca Berretta in libreria
La gioielleria del libro
Una similitudine banale, parafrasando le cose che racconta il padrone di casa. C’è uno spazio dove il libri nascondono una cassaforte a muro. Perché qui prima c’era una gioielleria. E difficilmente chi ama profondamente leggere riesce a non pensare che forse non ci sia poi tanta differenza. Perché ciò che si trova qua, spesso, è indubbiamente un gioiello. Le vetrine diventano monografie di volta in volta dedicate a un autore diverso. Anche se ciò che c’è dietro non è in vendita. Rappresenta i sentimenti di Archie in quel periodo. E di cosa di può essere più gelosi, se non di ciò che si prova? In alcune raccolte si conservano le foto di queste vetrine; da Giovanni Arpino a Beppe Fenoglio, dagli anniversari di Linus e degli Oscar Mondadori all’autocelebrazione del libro e del libraio. Una delle più recenti era per Ennio Flaiano. Una volta per lui Guido Ceronetti scrisse: “Caro Archie, il breve scritto che chiedi eccotelo illustrato, così lo metti nelle tue raccolte, pezzo di Novecento anch’io. La Cultura, con gente come te, gli sputa in faccia ai distruttori. L’Antropos è sempre più malvagio e ingovernabile. Seguo gli eventi per non capirli“. Già; qui si può stare solo in ottima compagnia. Con chi volete voi.