A volte, anche un’intera vita di lavoro non basta per raggiungere l’obiettivo di una pensione di vecchiaia adeguata. Questa è la realtà amara che molte persone scoprono quando si avvicinano all’età di 67 anni. Ma a quel punto è troppo tardi ormai per rimediare. La risposta secca e diretta che si riceve nel momento in cui si cercano informazioni per la pensione minima presso i patronati o l’INPS e spesso ‘Mancano i contributi’.
Per evitare sorprese spiacevoli, è importante conoscere il numero esatto di contributi che servono per ottenere la pensione minima. Ma c’è una buona notizia: esistono svariati sistemi per raggiungere questo obiettivo, anche superando i rigidi requisiti che la legge Fornero impone. Alla buona notizia però segue quella brutta: questa opportunità è riservata soltanto a specifiche categorie di lavoratori.
Cos’è la pensione minima e chi ne ha diritto
La pensione minima rappresenta un’aggiunta al trattamento pensionistico, garantendo il cosiddetto minimo vitale a coloro che, in base al loro contributo, non raggiungerebbero un sufficiente importo per condurre una vita decorosa. Sono numerose le circostanze che danno diritto alla pensione minima.
Per esempio, ci sono coloro i quali non hanno mai lavorato o coloro i quali lo hanno sempre fatto in nero e dunque non hanno mai versato contributi. Inoltre ci sono svariate persone che non hanno accumulato un numero di anni di contribuzione sufficiente per poter ottenere una adeguata pensione.
Sono idonee ad essere integrate al livello minimo le cosiddette pensioni dirette, ovvero quelle di vecchiaia, anzianità e anticipate. Sono pensioni erogate dall’INPS, compresi i regimi autonomi e separati, come per esempio quello per i commercianti o gli artigiani. Anche le pensioni indirette sono idonee e sono quelle di reversibilità e quelle per i superstiti del lavoratore defunto.
Chi invece per vari motivi non può accedere alla pensione e quindi non può neanche ricevere l’integrazione minima, che richiede il riconoscimento di un trattamento pensionistico, ha diritto a ricevere un assegno sociale.
Quest’ultimo non è proprio una pensione ma piuttosto un sostegno assistenziale. Per poterlo ricevere bisogna necessariamente essere cittadini italiani e avere la residenza in Italia da almeno 10 anni, in più bisogna aver compiuto 67 anni e trovarsi in condizioni di bisogno economico.
Il requisito di base (e quindi fondamentale) per ottenere la pensione di vecchiaia è accumulare un’anzianità contributiva di vent’anni almeno, che equivale a 1047 settimane.
Non è necessario che questi contributi siano effettivi: valgono anche i cosiddetti contributi figurativi e, in particolar modo, i contributi volontari. Quest’ultimi possono essere versati dai disoccupati per colmare gli anni di mancata contribuzione e raggiungere così l’obiettivo. La pensione di vecchiaia inoltre è conseguibile con delle deroghe per tutti i lavoratori che hanno accumulato 15 anni di contributi accreditati entro il 31 dicembre 1992.
Una volta raggiunta l’età di 67 anni con vent’anni di contribuzione versata (o 15 nei casi di deroghe), l’INPS riconoscerà la pensione di vecchiaia. L’importo verrà calcolato moltiplicando il montante contributivo, ovvero la somma di tutti i contributi versati, per un coefficiente di trasformazione legato all’età di pensionamento. I valori sono riportati in specifiche tabelle aggiornate annualmente.
Quanti anni di contributi sono necessari?
La pensione minima non è vincolata dalla quantità di anni di contributi versati. L‘integrazione è concessa ai titolari di una pensione al di sotto delle soglie minime che la legge ha stabilito. Indipendentemente dalla situazione contributiva a livello effettivo, che potrebbe anche essere nulla.
Perciò, non ci sono dei requisiti specifici di contribuzione per ottenere una pensione minima. A differenza delle pensioni di anzianità o vecchiaia di cui abbiamo parlato poc’anzi e che richiedono rispettivamente 42 o 41 anni di contributi.
Nel 2023 l’integrazione minima di pensione arriva a 572,20€ al mese, ovvero 563,73€ nello scorso anno, per tutti i pensionati che possiedono un reddito annuale inferiore a 7328,49€. Per coloro che hanno 75 anni dieta invece l’importo raggiunge quasi i 600€ (599,82€ per la precisione).
Se il reddito del pensionato supera la soglia appena menzionata, ma resta comunque al di sotto di 14.656,98€ (il doppio dell’importo annuale della pensione minima stando ai valori del 2022), l’integrazione minima non sarà totale bensì parziale. In tal caso l’importo che verrà erogato dall’INPS per coprire la differenza terrà conto dei redditi aggiuntivi ottenuti dal pensionato durante l’anno di riferimento. Sottraendoli dalla soglia limite.
Integrazione volontaria: i requisiti richiesti
Chi non ha accumulato il numero necessario di anni di contributi per arrivare alla pensione di vecchiaia, può decidere di versare all’INPS (volontariamente e previa autorizzazione) i contributi mancanti. I requisiti richiesti per l’integrazione volontaria sono i seguenti:
Avere minimo 5 anni di contributi versati e avere minimo 3 anni di contributi nel quinquennio antecedente alla presentazione della domanda per l’autorizzazione all’integrazione volontaria.