“Marcello, come here!”. È passata alla storia la scena de “La dolce vita” in cui una seducente Anita Ekberg invita Marcello Mastroianni a gettarsi tra le acque della Fontana di Trevi. Per anni orde di turisti stranieri hanno tentato di emulare una delle scene più famose del cinema lanciandosi dentro le fontane di Roma, da Piazza di Spagna alla Fontana dell’Acqua Paola, ignorando che rientrano invece nel patrimonio storico-culturale della città.
La manutenzione delle fontane storiche è una cosa serissima per la Sovrintendenza Capitolina, a partire proprio dalla Fontana di Trevi: chi si avventura tra le acque della più grande fontana di Roma rischia multe salatissime, di (almeno) 450 euro. Ecco perché capirne costi di manutenzione e valore potrebbe aiutare ad apprezzarla ancor di più.
Ogni quanto e come viene pulita la Fontana di Trevi?
La Fontana di Trevi è uno dei complessi d’acqua più iconici di Roma, soprattutto per il “rito” del lancio della monetina. Le monete però non restano sul fondo del monumento per più di 7 giorni, poiché Acea Ato2 si occupa periodicamente della pulizia delle vasche.
Ogni 15 giorni, la società incaricata della manutenzione interviene tre volte a settimana per le operazioni di pulizia e due volte al mese per lo svuotamento completo delle vasche e la disinfezionedell’acqua. L’acqua della Fontana di Trevi è ogni giorno la stessa: viene controllata, depurata e rimessa in circolo.
Acea monitora costantemente l’acqua della Fontana di Trevi, tenendo sotto controllo i valori di pH, temperatura e presenza di cloro. Oltre a questo si occupa di tutti i trattamenti dell’acqua che garantiscono la corretta manutenzione dei marmi che adornano lo zampillio continuo delle fontane.
La storia della Fontana di Trevi
Vista mozzafiato, cartolina indimenticabile per chiunque metta piede a Roma, la Fontana di Trevi è la più spettacolare e grande delle fontane romane con una larghezza di 20 metri e un’altezza di 26. Molto più che una scultura in un contesto urbano, Piazza di Trevi ospita un’opera d’arte barocca a cielo aperto. La fontana omonima si trova all’incrocio di tre vie (“trivium”), un luogo anticamente denominato “dello Trejo” e da qui il nome “di Trevi”.
Il motivo per cui la piazza ospiti una fontana è insito nella storia antica di Roma. A Piazza di Trevi termina uno degli undici acquedotti che rifornivano di acqua l’Urbe, l’Acquedotto Vergine. Costruito nel 19 a.C., è l’unico acquedotto ancora attivo fin dai tempi dei romani, scorre infatti sotto terra per oltre 20 km, fino a Fontana di Trevi. Fu voluta da Marco Agrippa, ammiraglio e ingegnere idraulico al servizio dell’Imperatore Augusto, e la Fonta assolveva a due funzioni: rifornire d’acqua la città e alimentare le prime terme pubbliche di Roma consacrate al dio Nettuno.
Avrete notato probabilmente che la Fontana è costituita da più “vasche”. Un tempo l’acqua che arrivava tramite l’acquedotto Vergine si raccoglieva nell’altro ambiente, la cosiddetta “stanza di stagnazione”. La vasca serviva a raccogliere l’acqua prima che fosse distribuita alle famiglie più insigni della città. All’epoca l’acqua non era gratuita però: su una parete della fontana è possibile scorgere ancora una sorta di foglio di calcolo, periodicamente veniva ristuccato e aggiornato a mano e permetteva di conteggiare i “buoni” e “cattivi” pagatori. Se la famiglia non aveva pagato il dazio, il flusso del condotto corrispondente veniva interrotto. Niente acqua per i morosi, fin dall’antica Roma.
Perché si lancia una moneta nella Fontana di Trevi?
Una moneta e un desiderio inespresso, da affidare alle acque dell’Acquedotto Vergine. Chi di noi non ha mai lanciato una monetina dentro Fontana di Trevi? Pochi però sanno le motivazioni che si nascondono dietro questa “tradizione” tipicamente romana. Secondo alcuni si tratta di un generico rito apotropaico e di buon augurio, ma la leggenda “originale” dice altro. Si dice infatti che gettare una moneta nella Fontana di Trevi porti fortuna: una moneta ci permetterà di tornare di nuovo a Roma, due monete assicurerebbero l’incontro con l’amore della propria vita e tre il matrimonio con un romano.
Pare che il gesto simbolico debba i suoi natali proprio a uno straniero, a Wolfgang Helbig, grande archeologo tedesco dell’Ottocento, di stanza a Roma come tanti suoi connazionali. Il congedo dalla Città Eterna avrebbe creato un senso di malinconia all’archeologo che, per avere una flebile speranza di potervi rimettere presto piede, inventò il rito-gioco della monetina. Un rito talmente noto all’estero che nel 2021 Draghi condusse i leader mondiali del G20 per celebrare la magia di Fontana di Trevi, chiedendo loro di lanciare una monetina propiziatoria con le spalle al monumento.
D’altronde nella fontana si trovano monete da ogni parte del mondo, dollari, yen, yuan e prima della guerra non mancavano nemmno i rubli. Denari che fino al 2019 venivano raccolti grazie a un accordo tra Comune e Caritas per progetti di beneficenza. Dal 2019 però, con un’apposita memoria, la Giunta Raggi decisa che il ricavato andasse ad Acea: si parla in media di 1,5 milioni di euro anno, per svolgere i servizi di pulizia delle fontane storiche, con un risparmio per le casse del Campidoglio, e il resto destinato a progetti di natura sociale.
Cosa c’è dentro al Palazzo della Fontana di Trevi?
Non solo fiotti d’acqua, riti propiziatori e scaramanzia. La Fontana di Trevi ospita prima di tutto storia, arte e cultura. Palazzo Poli, alle spalle della Fontana, oggi è la sede dell’Istituto Centrale per la Grafica. Commissionato da Lelio dell’Anguillara, duca di Ceri, che nel 1566 aveva acquistato il preesistente palazzo Del Monte, Palazzo Poli, l’edificio su cui poggia la Fontana di Trevi, è il risultato di diverse fasi costruttive.
I lavori furono eseguiti su progetto dell’architetto Martino Longhi il Vecchio (1573). Alla sua morte, continuarono grazie all’architetto Ottaviano Mascherino. Poco dopo, esattamente nel 1732, sulla facciata posteriore di Palazzo Poli, venne edificata la fontana più famosa al mondo, la fontana di Trevi, opera di Nicola Salvi. Nell’Ottocento, il Palazzo fu la residenza preferita di inquilini illustri, tra cui ricordiamo i pittori Francesco Manno e Joseph Severn, i poeti Peter Cornelius e Giuseppe Gioachino Belli, che qui compose oltre duemila dei suoi 2.279 sonetti romaneschi. Dal 1857 al 1885, l’edificio fu la sede del Collegio Poli, l’odierno Collegio San Giuseppe De Merode, scuola francese frequentata anche da Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, ovvero Trilussa, poeta dialettale romanesco.
Il luogo più rappresentativo del Palazzo è la Sala Dante, nota per le sue grandissime dimensioni, occupa ben due piani dell’edificio, ma soprattutto per l’esclusivo affaccio sulla Fontana di Trevi. Alla fine dell’Ottocento, la Sala Dante divenne uno dei luoghi più apprezzati in fatto di cultura musicale, frequentata da Gabriele D’Annunzio, Jules Massenet, Pietro Mascagni, Giacomo Puccini, Giuseppe Martucci.