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Perché il venerdì 17 a Roma si dice che porta sfortuna?

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Venerdi 17

Non è vero, ma ci credo’. La superstizione, che lo si ammetta o meno, ha una parte importante nella vita di tutti i giorni. Nella maggior parte dei casi si sostiene di non affidarsi a credenze popolari, ma di fatto in molti rinunciano a camminare sotto una scala, evitano di passare con l’auto su una strada attraversata da un gatto nero, si spaventano se si rompe uno specchio per i sette anni di sventura che ne conseguono. Ed è così che per gioco o convinzione c’è chi si procura un ferro di cavallo, chi un quadrifoglio, chi incrocia le dita, chi tocca ferro. Tutti escamotage utili ad annullare la sfortuna.

Venerdì 17 porta sfortuna

‘Venerdì 17’ fa paura

Insomma, che lo si ammetta o meno la superstizione va a braccetto con la quotidianità di quasi tutti noi. In questa miriade di preconcetti, nella maggior parte astratti, si inserisce la paura del ‘venerdì 17’. Già solo il numero 17 viene visto come simbolo di guai e c’è chi lo evita accuratamente nelle stanze di albergo, sulla maglietta da indossare in una squadra e sul sedile di un aereo. Ma a parte la paura del numero in sé, soprattutto a Roma, c’è la fobia di ‘venerdì 17’. Un timore che risale molto indietro nel tempo, addirittura all’antica Roma e che, in questo caso, ha un significato ben preciso e anche, in qualche modo, razionale.

Perché i romani erano spaventati dal 17

Il 17, trasformato in numeri romani è: XVII, modificando l’ordine delle lettere che lo compongono si ottiene: VIXI, dal latino ‘VISSI’, ossia ‘Ero vivo e ora sono morto’.  Ecco perché il 17 spaventava gli antichi romani e continua a incutere timore. Ed è così che molti evitano di uscire di casa in questo giorno, o si premuniscono di amuleti, oppure affrontano la giornata in tensione per quello che può succedere. Nasce una parola ad hoc per questo stato d’animo ‘eptacaidecafobia’, dal greco: ‘Fobia del numero 17’.

Altri motivi per i quali il 17 intimorisce

Volendo restare nella numerologia, anche gli antichi greci, che seguivano le teorie di Pitagora, ritenevano che il 17 portasse sfortuna in quanto numero che si trova tra il 16 e il 18 che venivano considerati perfetti, in quanto rappresentavano i quadrilateri 4×4 e 3×6. Nell’antica Roma, invece, ad avvalorare questa credenza ci sarebbero state anche due ricorrenze specifiche, il 17 dicembre e il 17 febbraio, date nelle quali si celebravano i Saturnalia e i Quirinalia, feste in onore di Saturno, dio dell’agricoltura e del raccolto, e Quirino, divinità locale della tribù che si era stanziata sul colle Palatino. Ma con l’arrivo del Cristianesimo queste feste pagane sarebbero state demonizzate, facendo diventare queste due date – e quindi anche il numero 17 – giorni di sfortuna.

Anche la Bibbia e la Smorfia napoletana sono ‘contro’ il 17

Sono ancora altre le leggende che fanno del 17 un numero di sventura. Non in ultimo si ritiene, secondo quanto riportato dalla Bibbia, che il diluvio universale avrebbe avuto luogo proprio nel 17 del secondo mese. Per arrivare ai giorni nostri, dove nella smorfia napoletana al 17 viene attribuito il significato de ‘A disgrazia’, la sfortuna.

Ed è così che qualsiasi evento negativo dipende dal ‘venerdì 17’

Di fatto la superstizione condiziona la vita di molte persone che, nel rispetto di una serie di segnali, tra i quali appunto il ‘venerdì 17’ attribuiscono alla ricorrenza una serie di accadimenti sfortunati, come se non si fosse in grado di superare questa credenza e vivere le eventuali negatività come eventi che non dipendono da fattori esterni. Le eventuali responsabilità per accadimenti sfortunati, quindi, prescindono dal comportamento della persona e sono da attribuire: ai gatti neri, allo specchio che si rompe, al sale che cade, all’ombrello aperto in casa, al colore viola in uno spettacolo teatrale e, non di meno… al venerdì 17.

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