Il numero 7 ritorna costantemente nella vita dei romani. Non solo per motivazione prettamente storica, poichè sette furono i Re di Roma. A livello calcistico, sempre per il popolo capitolino di fede giallorossa, quella particolare numerazione era indossata sulla maglia di un intramontabile campione: fu sulle spalle di Bruno Conti tra la metà degli Anni ’70 e la fine degli ’80.
Il numero 7 per Roma
Come gran parte della storia di Roma, questa numerazione raccoglie significati storici, ma al contempo lega anche importanti aspetti della cultura e delle credenze che girano attorno alla Città Eterna. Dalla fondazione di una delle Capitali più antiche del mondo, tale numero si ripresenta con puntualità ciclica in tutti i mutamenti storici e sociali di questa realtà cittadina ultra millenaria.
Il 7 nella cultura collettiva dei romani
Guardando “Suburra – La Serie”, il rapper Piotta compone la colonna sonora “7 Vizi Capitale”, che si rifacevano proprio alla concezione dei peccati capitali per l’uomo. Ma sette, all’interno della letteratura teologica, sono anche le virtù che dovrebbero condurre una persona lungo il percorso della vita. Lo stesso numero ricompare, per pure casualità, con i mesi che finiscono con 31 e addirittura con i giorni che compongono la settimana. Una cifra che, ciclicamente e in maniera perfetta, si ripresenta puntualmente nella vita della persona.
Il significato di Sette per gli antichi
Se torniamo indietro nel tempo, già i pitagorici ci parlavano del numero sette. Se il tre era considerato il numero perfetto, il 7 era sinonimo di veicolo della vita. Coniando la traduzione latina delle parole, erano solito utilizzare la locuzione di anima mundi. Un numero che, per l’appunto, anche in epoca romana vedeva già un’importante dimensione spirituale e occultistica intorno al proprio termine.
Sette come i colli su cui venne eretta Roma
A Roma, senza nulla togliere ai pitagorici, il 7 può considerato il numero perfetto. Coincidenza vuole, anche questa volta, che il numero ritorni addirittura negli albori di questa immortale Città. Per l’appunto, furono sette i colli su cui venne eretta la prima pietra di Roma, tra i quali compariva il famoso Colle Palatino alle spalle del Colosseo.
Ma sette erano anche, nella credenza degli antichi romani, le credenze che avrebbero permesso lo sviluppo e il destino di Roma: gli Ancili, l’Ago di Cibele, il Palladio, la Quadriga dei Vejenti, il Velo d’Ilione, le Ceneri di Oreste e lo Scettro di Priamo.
Sette come i Colossi romani
Nella dimensione storica, un importante aspetto lo ebbe anche la mitologia latina, oggi tramandata solo con attenti studi classici e umanistici. Plinio parlò di sette Colossi, che nelle proprie memorie arrivò a paragonare alti come torri. Gli stessi vennero ripresi dal poeta latino Marco Valerio Marziale, che in merito li descrisse come “così alti da toccare il cielo con un proprio dito”.
Dei resti dei Colossi, purtroppo, oggi ci rimangono solo delle tracce scritte. Questi reperti archeologici, nell’arco dei secoli, vennero distrutti o saccheggiati nelle varie prese di Roma da parte di barbari o i vari eserciti che si sono succeduti all’interno del territorio italiano.
Tra tradizione e storia romana
Come ben visibile, il numero sette ritorna con una costanza impressionante nelle dinamiche della città di Roma. Studiando il fenomeno, possiamo con certezza dire come la numerazione passeggi di pari passo alla storia di questa metropoli, ma soprattutto ne guardi attentamente anche quelle radici tradizionali e folcloristiche.
Un numero che anche con la politica romana legò la propria presenza, se pensiamo come i septemviri – come dice il nome – erano appunto alcune cariche pubbliche pensate nella società antica della nostra Città Eterna. Ma lo stesso numero, a conti fatti, erano anche i magistrati che distribuivano le terre dell’agro pubblico o i vigiles, ovvero gli antenati dei nostri attuali Vigili del Fuoco.