Da oltre un decennio le coste laziali sono in pericolo, divorate dalle conseguenze della crisi climatica, dall’eccessivo consumo di suolo, dal cemento e per questo motivo spesso non balneabili. L’allarme arriva dall’ultimo Rapporto Spiagge Legambiente, presentato il 25 luglio. Il Rapporto Nazionale Spiagge 2023, studio analitico sulla situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere italiane, rappresenta una delle cartine di tornasole più importanti per capire quali processi ambientali e di gestione sostenibile avvengono sul territorio, soprattutto per analizzare gli impatti che i cambiamenti climatici stanno già portando.
Nel Lazio 48 eventi climatici estremi in 13 anni
Le coste del Lazio soffrono da oltre 10 anni l’accanimento di fenomeni atmosferici estremi, dovuti all’emergenza climatica. Si pensi che tra il 2010 e il 2023 nel Lazio sono stati registrati 48 eventi meteo climatici estremi sul 79% dei comuni costieri. Tra il 2006 e il 2019 il 59% della costa bassa è stata modificata dall’erosione e danni di avanzamento.
La Regione Lazio è al terzo posto in Italia per incremento del consumo di suolo (tra il 2006 e 2021) con un +8,27% di cemento e impermeabilizzazione lungo le coste. Sul piano della balneazione, rispetto ai 243 km complessivi di costa sabbiosa, sono 24,47 i cosiddetti “km di costa abbandonata”, quelli cioè dove le autorità non concedono la balneabilità per la presenza di foci e torrenti. In quelle aree, quindi non sono nemmeno svolte le analisi microbiologiche.
Sono poi interdetti per inquinamento 0,8 km di costa: complessivamente il 10,4% del basso litorale non è balneabile nel Lazio. Secondo lo studio “Variazione del livello del mare lungo la costa italiana negli ultimi 10.000 anni” di Enea, poi, tra le aree inondabili in Italia al 2100 ci sono le piana Pontina, la piana di Fondi e la Foce del Tevere.
Roberto Scacchi (Legambiente): “Stop al cemento sulle spiagge”
“Le nostre spiagge vanno preservate da nuovo cemento, inquinamento diretto e dall’entroterra, eccesso di concessioni che non lasciano spazio alla libera fruizione, opere rigide che modificano negativamente interi tratti di litorale”, ha dichiarato Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio, “Ci sono troppi errori lungo la costa laziale, alcuni irreparabili e altri che sembrano inscalfibili: per l’adattamento al clima cambiato, sono però necessari modelli di intervento morbido che si adattino alle modificazioni del litorale, fino anche a innalzamenti o arretramenti della linea di costa, o progetti di fruizione sostenibile come quelli che abbiamo raccontato nel nostro rapporto”.
Nel rapporto spiagge, sono infatti citate tra le buone pratiche, quella della carta dei valori delle Secche di Tor Paterno a largo di Ostia, un percorso di formazione e qualificazione dell’offerta turistica, sottoscritta da RomaNatura, Vivilitalia e Pro-Loco Ostia Mare; e il modello gestionale del “Mediterranea” a Capocotta dove è presente un chiosco eco-sostenibile che, grazie a un bando pubblico, da 20 anni garantisce servizi, cura della spiaggia e della duna, occupandosi del mantenimento della legalità e promuovendo l’impegno ambientalista. Un progetto che peraltro, caso unico nel Lazio, favorisce un importante avanzamento dell’ambiente dunale.
Meno del 50% delle spiagge laziali sono libere
Per quanto riguarda le concessioni balneari, se ne registrano sul 40,8% dei litorali sabbiosi del Lazio, ma nei comuni di Roma (Ostia), Terracina, Sperlonga, Minturno, San Felice Circeo la percentuale di spiagge libere è meno del 50%, contravvenendo così in questi luoghi alla legge regionale 8/2015; a Nettuno si va controcorrente, con le spiagge libere che occupano più della metà della costa, ma solo perché viene calcolato anche il tratto del poligono militare di Torre Astura, che è in realtà solo parzialmente fruibile.