Carla Di Veroli, torna attuale il cold case della donna nell’armadio: nuovi dettagli. Parla anche la sorella. Gli scenari.
“Dopo quasi 30 anni vorremmo che la Procura ci ascoltasse e rimettesse mano al caso di mia sorella”. Così Carla Di Veroli sulla vicenda della sorella Antonella. Un caso che, dopo tre decadi, ancora non torna. Tra gli elementi da valutare un bossolo ritrovato sul luogo del delitto mai analizzato. Elemento su cui potrebbe esserci la firma del killer.
Una conferenza stampa alla Camera dei Deputati nella giornata di ieri 25 luglio per chiedere chiarezza, sono state rilette e analizzate tutte le carte sul caso. Gli elementi per lavorare, volendo non mancano: “Mia madre è stata contattata da un amico ed ex socio di lavoro di Antonella, Umberto Nardinocchi, che le aveva detto di essere andato a controllare anche lui insieme al figlio e a un amico poliziotto. La sua intenzione era denunciare la scomparsa”.
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Antonella Di Veroli, la sorella della vittima: “Serve chiarezza”
Sospetti che ancora alimentano il desiderio di Giustizia da parte di una famiglia che non ha mai smesso di credere che sia ancora possibile vederci chiaro. “Sono sicura che questo lavoro non sia stato fatto da una sola persona. Sicuramente il killer ha avuto un complice. Ma soprattutto ha avuto tanto tempo”.
Si dovrebbe cercare, dunque, una seconda persona perchè gli elementi rinvenuti finora non tornano in una storia dai mille tasselli e altrettanti incastri su cui i parenti diretti – tra cui la sorella – non hanno intenzione di tacere. La battaglia (legale e non solo) è appena ricominciata.