Vivere col timore di essere uccisa da un momento all’altro. Questa la quotidianità di C.S., una donna che da anni tenta di sopravvivere alle continue minacce del suo stalker, che nel 2021 ha tentato già di stuprarla. L’uomo, dopo 18 mesi di detenzione a Rebibbia, è stato scarcerato e ora è in circolazione e ha promesso di ucciderla. La donna, in un limbo di terrore, chiede aiuto alle autorità: “Se nessuno interviene lo farà”.
“Voleva sposarmi, mi inviava dediche col suo sangue”
Tutto ha avuto inizio quando i rapporti sul lavoro tra C.S., proprietaria di un bistrot, e S.S. si sono incrinati. S.S. lavorava come dipendente per la donna, aiutandola anche nei trasbordi della merce dall’appartamento al locale, a poca distanza. La proprietaria si affidava a lui per ragioni lavorative, ma presto l’atteggiamento di S.S., dedito all’alcol, è cambiato ed è diventato aggressivo. Il socio di C.S. decise, perciò, che non era il caso di tenerlo nel bistrot e lo licenziò, una scelta che S.S. non ha accettato di buon cuore, cercando una mediazione coi suoi datori.
Quel compromesso non è arrivato, a fare capolino sono invece i sentimenti malati dell’uomo, un 36enne di origini indiane. Come ha raccontato C.S. a Repubblica, S.S. innamorato ha iniziato a perseguitarla. “L’ho rifiutato ma non è bastato”, ha raccontato la donna, “Ha dipinto il muro di casa mia con il suo sangue, incidendo il suo soprannome, il mio nome circondati da cuori. Lo stesso messaggio mi è arrivato con bigliettini lasciati accanto alla porta di casa mia”. Poi, sarebbero arrivate le chiamate assillanti, e le minacce che angosciano ora la vittima di stalking.
“Vivo con le bottiglie d’acqua in auto. Se mi dà fuoco forse posso salvarmi”
C.S., alla fine, ha deciso di denunciare il suo stalker, ma non è bastato a placare la sua violenza. Lui si è presentato sotto casa della donna e ha tentato di violentarla a novembre 2021 senza riuscirci. C.S. temeva che si trattasse solo l’inizio di un escalation di violenza. S.S. è stato sottoposto agli arresti domiciliari, ma non sono serviti a fermarlo. Le minacce sono proseguite telefonicamente. L’uomo è arrivato al punto da evadere dai domiciliari, ma le Forze dell’Ordine sono riuscite a fermarlo. Un breve attimo di tregua per C.S., che è durato solo un anno e mezzo, periodo nel quale lo stalker è stato rinchiuso nel carcere di Rebibbia per violenza sessuale e stalking. Scontata la pena, è ricominciato l’orrore. C.S. è tornata a provare la sensazione di dover vivere in attesa della sua fine e ha riempito la sua auto di bottiglie d’acqua, temendo che il suo aggressore possa darle fuoco da un momento all’altro. “Almeno così, forse potrò salvarmi”, racconta a Repubblica.
Minacce di morte dal Cpa: “Ti taglierò la testa”
Quando ad aprile S.S. ha finito di scontare la pena, è stato trasferito in un Cpa, Centro di prima accoglienza per essere espulso. Anche da lì è riuscito a raggiungere telefonicamente C.C., minacciandola di tagliarle la testa, spezzarle le mani o gettarle addosso l’acido non appena sarebbe uscito. Mercoledì, di fatto, è stato liberato e da quel momento si sono perse le tracce. Se di lui non si sa più niente, C.C. sa invece che può essere uccisa da un momento all’altro. “Ormai lascio in ordine l’appartamento prima di uscire perché non so se ci tornerò”, racconta la donna, “Non voglio soccombere, salvatemi”.