Se non fosse reale, sarebbe paradossale. Dopo essere stata colpita dai pallini di una pistola giocattolo ora la prof rischia di essere denunciata dai genitori degli studenti che qualche mese fa hanno impugnato l’arma facendo partire alcuni pallini di gomma contro la docente e nel corso di una lezione.
La famiglia del ragazzo che ha materialmente esploso i pallini si è detta ‘stanca’
In particolare è la famiglia del ragazzo che impugnava la pistola alla fine di ottobre scorso a manifestare insofferenza per la vicenda. Il giovane ritenuto ‘colpevole’ del gesto ha subito in silenzio le punizioni che gli sono state comminate. Mai i familiari sono intervenuti in sua difesa. Ora però si sono detti stanchi delle ripetute apparizioni della prof in televisione che non riporterebbe sempre i fatti così come sono andati.
Cosa era successo
Quel giorno gli studenti di una classe dell’Istituto Viola Marchesini di Rovigo si erano organizzati per fare uno ‘scherzo’ alla professoressa. Cellulare sulla cattedra acceso, così da riprendere la sequenza dei fatti che sono seguiti. Gli spari e la prof che si porta le mani alla testa e invita i responsabili a farsi avanti. Immagini che sono state postate in rete e che sono diventate subito virali.
L’intervento del ministero dell’Istruzione
Una vicenda sulla quale è intervenuto anche il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, manifestando grandi perplessità nei confronti del 9 in condotta dato agli studenti che si erano resi protagonisti dell’episodio. Il Ministro aveva sottolineato come quel voto fosse estremamente diseducativo e aveva annunciato l’intenzione di svolgere accertamenti, ai quali erano stati deputati ispettori. Inoltre Valditara aveva anche annunciato l’intenzione di verificare quale fossero i margini di manovra del Ministero sui voti in condotta.
Il ministro dell’Istruzione non si era detto favorevole alle punizioni, piuttosto alla necessità di coinvolgere i ragazzi che hanno comportamenti non conformi a quelli dovuti, con attività di associazionismo e volontariato. L’idea, insomma è quella di coinvolgere i cosiddetti ‘bulli’ in attività che li facciano sentire ulteriormente parte del sistema e che non li emarginino.