Il 29 giugno è una data speciale per i cristiani di tutto il mondo. In questo giorno, infatti, si ricordano i due apostoli che hanno dato origine alla Chiesa di Roma e che hanno testimoniato con il sangue la loro fede in Gesù: Pietro, il pescatore di Galilea e Paolo, il fariseo che si convertì sulla via di Damasco. Ma questa ricorrenza ha ancora un significato per i lavoratori italiani? E come viene riconosciuta in termini economici? La risposta non è semplice, perché dipende dal luogo in cui si lavora. Infatti, il 29 giugno è una festività nazionale scomparsa per la maggior parte dei dipendenti, e allo stesso tempo una festività locale ripristinata per quelli che operano a Roma o in aziende con sede legale nella Capitale. Vediamo di fare chiarezza su questa situazione anomala, che comporta diverse conseguenze in busta paga.
Santi Pietro e Paolo: una festività nazionale scomparsa
Fino al 1977, il 29 giugno era una festività nazionale, come altre date importanti per la storia e la cultura del Paese. Tuttavia, con la legge n. 54 del 1977, il governo decise di sopprimere alcune festività civili e religiose, tra cui quella dei Santi Pietro e Paolo, per favorire la produttività economica e ridurre i costi per le imprese. Da allora, il 29 giugno è diventato un giorno lavorativo come gli altri per la maggior parte dei dipendenti italiani, con una sola eccezione: quelli che lavorano a Roma o in aziende con sede legale nella Capitale.
Una festività locale ripristinata
Infatti, nel 1985, con il decreto del presidente della Repubblica n. 792, il governo in carica restituì ai romani la possibilità di celebrare i loro santi patroni, riconoscendo il 29 giugno come una festività locale. Questo significa che i lavoratori che prestano attività a Roma o in aziende romane hanno diritto ad astenersi dal lavoro senza perdere la retribuzione, come previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Un vantaggio in busta paga per gli altri
Ma cosa succede agli altri lavoratori che non possono godere della festa dei Santi Pietro e Paolo? Hanno qualche vantaggio in busta paga? La risposta è sì. Infatti, secondo l’articolo 2 della legge n. 54 del 1977, le ore lavorate nel giorno delle festività soppresse devono essere retribuite con una maggiorazione del 30% rispetto al normale salario orario. In alternativa, i lavoratori possono richiedere un’equivalente riduzione dell’orario di lavoro da fruire entro l’anno solare. Queste disposizioni valgono anche per i lavoratori autonomi e parasubordinati che svolgono prestazioni continuative e coordinate.
Un giorno di riposo retribuito
La festa dei Santi Pietro e Paolo è una ricorrenza che ha perso il suo valore nazionale ma che conserva ancora un significato locale per i romani. Per questi ultimi, infatti, il 29 giugno è un giorno di riposo retribuito o compensato, mentre per gli altri è un giorno lavorativo con una maggiorazione salariale o una riduzione oraria. In ogni caso, si tratta di una data che richiama la storia e la fede di una città che ha segnato il destino dell’Italia e dell’Europa.