Un forno/panificio ma anche un bar e una pizzeria, tutte inibite dai Carabinieri poiché ritenute “permeabili agli interessi della criminalità organizzata“. E in uno di questi, dopo l’arresto del titolare , continuava a lavorare la moglie nonostante il provvedimento emesso dalle Autorità. I controlli dei Militari sono scattati nelle scorse ore sul litorale romano tra Anzio e Nettuno e rappresentano il proseguo dell’indagine “Tritone” che portò ad un’ondata di arresti coinvolgendo complessivamente 65 persone delle quali 39 finirono in carcere e 26 agli arresti domiciliari.
Mafia ad Anzio e Nettuno: denunciata la moglie di uno degli arrestati
E’ allora in questo contesto che si inserisce questo nuovo quadro di verifiche e accertamenti per impedire che, nonostante gli arresti, altre persone possano portare avanti gli interessi del gruppo criminale sgominato. In particolare sono stati i Carabinieri della Compagnia di Anzio lo scorso pomeriggio ad eseguire il controllo presso un forno/panificio in località Lavinio – Lido di Enea che ha portato alla denuncia a piede libero di una 45enne per l’inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità (art. 650 C.P.). La donna è infatti la moglie del socio amministratore dell’attività, un 54enne originario della provincia di Reggio Calabria, arrestato lo scorso 17 febbraio 2022 nell’ambito dell’operazione “Tritone”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma e condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma, e attualmente detenuto in carcere per reati di associazione di tipo mafioso. La donna stava continuando ad esercitare l’attività nonostante un provvedimento inibitorio, adottato dalla Commissione Straordinaria del Comune, per l’esercizio delle attività sulla base degli elementi risultanti dalle interdittive antimafia della Prefettura di Roma dello scorso 1° giugno 2023.
Le altre attività coinvolte sul litorale romano
Ma i provvedimenti inibitori hanno colpito anche altre due attività commerciali situate sempre sul litorale: si tratta di un bar a Nettuno e una pizzeria ad Anzio. In questi due casi in particolare la S.C.I.A. (ovvero la Segnalazione Certificata di Inizio Attività) rilasciata è stata ritenuta giuridicamente inefficace, sulla base della ritenuta permeabilità agli interessi della criminalità organizzata. Di conseguenza anche in questi due casi è scattata l’inibizione.
L’operazione Tritone
La maxi operazione ribattezzata Tritone portò alla disarticolazione di una locale di ‘ndrangheta operante nei territori compresi tra Anzio e Nettuno. L’indagine portò all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. presso il Tribunale nei confronti di 65 persone (39 in carcere e 26 agli arresti domiciliari) gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione mafiosa (art. 416bis c.p.), associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso (art. 74 D.P.R. 309/90 e 416 bis 1 c.p.), cessione e detenzione ai fini di spaccio (art. 73 D.P.R. 309/90), estorsione aggravata e detenzione illegale di arma da fuoco (artt. 110, 629 c.p. e 2 e 7 L. 895/67 e 416bis 1 c.p.), fittizia intestazione di beni (artt. 110, 512bis, 416bis 1 c.p.) e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti aggravato dal metodo mafioso (artt. 110, 452 quater decies e 416bis 1 c.p.).