La Procura del Tribunale dei Minori, analizzati gli atti persecutori nei confronti di una ragazzina di 13 anni che da un gruppo di compagni di scuola era stata denominata ‘Ebola’ è propensa a rieducare e non a punire. Lo riporta La Repubblica che ha ripercorso una storia di violenza e di stalking che si è consumata tra i banchi di scuola, una terza media in provincia di Latina. ‘Lei è come Ebola’ dicevano e scrivevano nelle chat i bulli che contro quella compagna di classe si erano accaniti.
Il gruppo contro la 13enne era nato a causa di un amore conteso
Tutto aveva avuto inizio da un amore, forse il primo per quelle ragazzine, nato in classe. Un amichetto conteso tra la vittima delle violenze e due coetanee. Un fatto, in sé, anche tenero che è diventato un incubo per la 13enne che improvvisamente si è vista voltare le spalle da coloro che fino a quel momento erano stati suoi amici. Un gruppo capace di arrivare al punto da creare un profilo social ‘Anti Ebola’, riferendosi con il nome del virus mortale alla 13enne.
Il malessere della ragazzina, la confessione, la denuncia e le indagini
Una situazione che non ha mancato di provocare ripercussioni sulla vittima di quelle aggressioni. Una delle tante reazioni è stata la decisione di abbandonare la scuola, fino a quando non ha trovato la forza di raccontare alla mamma quanto le stava capitando. La presa di coscienza del genitore ha indotto quest’ultimo a denunciare e le indagini hanno accertato che erano 15 i ragazzini che perseguitavano la figlia. Per i ‘colpevoli’ è stato ipotizzato dagli investigatori il reato di istigazione al suicidio e stalking. Ma del caso è stato investito anche il Garante dell’infanzia che ha tenuto incontri a scuola che, sembra, abbiano sortito l’effetto sperato. Al punto che la Procura ha chiesto di archiviare anche le posizioni dei tre indagati, ma pensando a un percorso di rieducazione e non di punizione.