Tony il “bullo”. Lo hanno soprannominato così, il più grosso fra i cinghiali avvistati negli ultimi giorni nelle campagne di La Storta, sulla Cassia a Roma, il goffo pachiderma che in pochi minuti è riuscito a rovesciare il luogo comune – ancora molto diffuso – che vuole questi ungulati fra gli esemplari più pericolosi della fauna selvatica.
Ma non si sono limitati, i fans di Tony e la sua combriccola, a battezzarli tutti, uno ad uno. Hanno offerto loro dei “lecca-lecca” ottenuti infilando dei frutti su delle lunghe stecche per avvicinarli – se possibile – ancora di più all’abitato. Tutto questo per puro divertimento, trasformando di fatto gli animali in fenomeni da baraccone. Un po’ come succede con le scimmie e gli elefanti negli zoo per intenderci. O i delfini e le orche negli acquari.
Roma, aggredita da un branco di cinghiali: 50enne finisce in ospedale
“Mai dare cibo agli animali selvatici, si fa solo del male”
Un post pubblicato un paio di ore fa dal gruppo Zona Roma Nord ha suscitato una certa ilarità fra i lettori (“e i cinghiali mansueti, sembrano gradire” – si legge in conclusione) ma anche critiche severe nei confronti di una pratica – quella di avvicinare e foraggiare la fauna selvatica – che costituisce di fatto un reato procedibile d’ufficio. Alla violazione di tale divieto si applica la sanzione prevista dall’articolo 30, comma 1, lettera l), della legge n. 157 del 1992.
Sulla vicenda è intervenuta Valentina Coppola, Presidente di Earth – associazione per la tutela giuridica della Natura e dei Diritti Animali. “Dare cibo agli animali selvatici oltre ad essere un reato, è dannoso per gli animali stessi che tenderanno a perdere il loro naturale timore per gli esseri umani e si avvicineranno sempre di più a persone e ad abitazioni – dichiara la Coppola – Questi gesti sconsiderati – compiuti per suscitare consenso sui social di fatto condannano a morte gli animali stessi”.
Roma, orrore all’Insugherata: massacrati due cuccioli di cinghiali