A distanza di anni, ancora non è stata chiarita la dinamica in cui morì Stefano Bacigalupo a Roma. Nell’ottobre del 2017, lo studente si trovava a scuola e per motivi ancora da chiarire, volò giù dalla tromba delle scale della propria scuola. Era iscritto all’Istituto Santa Maria, situato a pochi metri dalla fermata Metro di Manzoni. Le ipotesi sono varie, con voci che parlano di una bravata del ragazzo finita male o addirittura di una spinta che lo abbia fatto volare giù.
L’accusa del gip sulla morte di Stefano Bacigalupo a Roma
Il ragazzo, all’epoca del decesso, aveva 13 anni. Nel momento in cui morì, doveva essere sorvegliato da un insegnante, come peraltro è consuetudine in tutte le classi delle varie scuole italiano. Docente però che, proprio in quel preciso momento, sarebbe stato distratto, ma non per questioni inerenti della sua classe: era infatti a chiacchierare con un proprio collega, perdendosi così di vista Stefano e la sua successiva morte. Da qui parte l’accusa del GIP, che oggi porta a processo il professore per omicidio colposo.
Il docente paga la sua distrazione
Nonostante la Procura di Roma avesse chiesto l’archiviazione per il professore, il giudice non si è trovato d’accordo. Infatti, lo stesso giudice avrebbe ordinato l’imputazione coatta del docente, motivando come “la sua negligenza avrebbe consentito a Stefano Bacigalupo di trovarsi senza sorveglianza nei pressi della ringhiera e per goliardia o per spinta o per decisione propria, cadere nel vuoto“. Un’accusa pronta a riaprire un caso spinoso di giustizia italiana, dove ancora l’opinione pubblica si divide tra chi sostiene il suicidio del giovane e chi invece parla di un ragazzo strappato alla vita da una spinta.
La richiesta di un nuovo atto d’accusa per il docente
Le responsabilità del docente, mai fossero provate concretamente, dipenderebbero principalmente dalla sfera deontologica: aver praticamente lasciato a sua area di controllo scoperta, con i ragazzi che potevano fare qualsiasi cosa. Anche perdere la vita per ignoti motivi. In merito, il giudice scrive: “Il docente incorre nella violazione di un dovere specifico di vigilanza: un comportamento che ha determinato, o comunque ha fatto parte dello sviluppo causale, che ha consentito al ragazzino di trovarsi senza sorveglianza alcuna nei pressi di un luogo pericoloso come la ringhiera al piano superiore e per goliardia, o per spinta o per decisione propria, cadere nel vuoto e perdere la vita”.
Si butta dal ponte alto 90 metri e porta con sé il figlio di 4 anni: morti mamma e piccolo