E’ una sfida a due quella per lo svolgimento dell’EXPO 2030, che oggi vedrebbe Roma tra le location favorite insieme a Riyad, la Capitale dell’Arabia Saudita. Come dicono gli esperti della manifestazione, la sfida è apertissima sul fronte dell’organizzazione e l’esito è incerto. Oggi la Capitale saudita partirebbe con i favori della contesa, forte anche dei petrodollari oltre che il sostegno dei Paesi del Golfo Persico e l’appoggio di megapotenze come la Cina di Xi Jinping.
EXPO 2030, il sostegno a Roma sui tavoli della BIE
Oggi la sfida si giocherebbe per manciate di voti. Su un campione di 170 Paesi chiamato a votare, 60 voti sarebbero per Riyad contro i 40 di Roma. Seguono poi la Corea del Sud, che per la propria campagna promozionale ha fatto scendere in campo multinazionali come Samsung e LG. Sfavoritissima la location di Odessa, considerato come il clima di guerra non invoglierebbe quasi nessuno Paese a sostenere un progetto di Esposizione Universale in quel territorio, nonostante il grande messaggio geopolitico che potrebbe mandare nel mondo. Nel mezzo però c’è l’Italia, con il sindaco Gualtieri e la premier Meloni che devono valutare la strategia vincente per portare l’evento nella Capitale.
Le strategie di Roma per l’Esposizione Universale
Roma giocherà una sfida tutta in salita sull’EXPO 2030. Anzitutto, deve recuperare almeno 20 voti su Riyad, in un giudizio di commissari e governanti che dovrà cambiare entro novembre 2030, mese in cui verrà votata la location e conferito il mandato per organizzare l’evento. Il problema di Roberto Gualtieri, e anche Giorgia Meloni, sta principalmente in Europa: l’Unione Europea appoggia la location italiana, ma tranne Francia e Grecia nessun voto è sicuro tra gli Stati membri. Ecco perchè la strategia è di cercare sostegni tra i Paesi che compongono il Sud America e l’Africa, provando a utilizzare la strategia che fece trionfale Milano per l’EXPO 2015.
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