Aveva deciso di fuggire, di far perdere le proprie tracce, mentre tutti parlavano di lui e lo stavano cercando. Almeno fino a ieri quando, in realtà, Antonino Fedele, meglio conosciuto nel mondo della criminalità organizzata calabrese come ‘Faccia d’angelo’, non ha pensato bene di costituirsi e presentarsi spontaneamente ai Carabinieri. Lui che si era reso latitante, è stato da subito il primo sospettato per l’omicidio di Massimiliano Moneta, suo ex genero, 57enne di Guidonia, alle porte di Roma. Moneta è stato ucciso l’11 aprile scorso a fucilate in Toscana, in un podere di Vada, frazione di Rosignano Marittimo, in provincia di Livorno. E da subito i sospetti erano caduti sul suocero, Antonino Fedele, un calabrese di 81 anni, con diversi precedenti alle spalle. Lui, fratello del pregiudicato Michelangelo, avrebbe ucciso Moneta. E l’omicidio, quindi, sarebbe da ‘collegare’ a vicende familiari, tra separazioni difficili, gelosie, maltrattamenti.
Arrestato Antonino Fedele per l’omicidio di Massimiliano Moneta
Ieri mattina, dopo sei giorni di latitanza, Antonino Fedele si è presentato alla caserma dei carabinieri di Rosignano Solvay. E ha fatto chiarezza su quanto accaduto: sarebbe stato lui a prendere il fucile e a uccidere Massimiliano Moneta, che era lì in Toscana perché nel pomeriggio avrebbe avuto un’udienza in tribunale “relativa a un procedimento penale che vedeva Moneta imputato dei reati di sottrazione di minore”. Lui che si era separato dalla moglie, la figlia di ‘Faccia d’angelo’ e che era stato anche denunciato dall’ex compagna per maltrattamenti. Moneta in tribunale non è mai arrivato perché poche ore prima è stato ucciso a fucilate. “Non volevo farlo, non volevo ucciderlo, volevo solo colpirlo alle gambe” – avrebbe ripetuto ai militari Antonino Fedele durante la sua confessione. L’uomo, però, è stato arrestato e trasferito in carcere con l’accusa di omicidio volontario, con l’aggravante della premeditazione.
C’è premeditazione?
Secondo chi indaga i due avevano un appuntamento, che si è poi trasformato in trappola per Massimiliano Moneta, che da tempo faceva la spola tra Guidonia, dove era residente, e la Toscana. Gli inquirenti sono convinti, quindi, che dietro l’agguato ci sia stata la premeditazione: la ricerca di quel fucile con matricola abrasa, poi i colpi e la fuga. Fino alla confessione di ieri mattina, dopo giorni di latitanza.
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