Una chat di gruppo su WhatsApp contrassegnata da odio e disprezzo. Una compagna non gradita – per usare un eufemismo – che veniva continuamente discriminata e stalkerizzata, indotta a compiere atti di autolesionismo. Una ragazza discriminata sin dal soprannome che le avevano dato: ”Ebola”, come quello del virus mortale che fu scoperto negli anni ’70. Una chat creata, insomma, per ‘distruggerla’. È successo in una scuola media di Latina, dove 15 studenti sono stati indagati per stalking e istigazione al suicidio.
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Odio e discriminazione sulle chat degli studenti
Nella chat – creata su whatsapp in modo parallelo e segreto rispetto ai gruppi ufficiali – i ragazzini insultavano e perseguitavano la 14enne, che veniva perseguitata anche in presenza. Dai messaggi che venivano scambiati nel gruppo si legge: “Lei come l’Ebola, lei che è da evitare come una malattia, deve togliersi di mezzo. Si dovrebbe suicidare”. All’interno di quel gruppo dell’odio, una quindicina di studenti di terza media di Latina, tra i quali anche tre ragazzine. Sulla vicenda vige l’assoluta riservatezza e le indagini sono affidate alla polizia postale. Lei, la ragazzina discriminata deve ancora compiere 14 anni, ed è finita in questo infinito vortice a causa di alcuni battibecchi con altre compagne a seguito di inviti non ricevuti in occasione di feste e serate.
Per almeno 3 mesi, la ragazzina sarebbe stata trascinata, a sua insaputa, nelle conversazioni quotidiane su quella chat. Addirittura ogni giorno si decideva cosa fare per rendere infernale la vita della ragazzina. C’erano delle regole da rispettare per far parte del gruppo, una sorta di patto per essere tra i carnefici della 14enne.
Le ”sfide settimanali sulla chat”
E, così, c’erano anche le sfide settimanali da dover portare a termine. Tre giorni a settimana: il lunedì, il mercoledì e il venerdì c’erano delle prove a cui i partecipanti della chat dovevano sottostare, pena l’esclusione dalla chat. Tra le diverse prove che sono venute a galla durante le indagini, ce n’era una denominata “strusciamento senza contatto“, ovvero: “Passatele accanto, senza toccarla. Se lei vi sfiora, vi infettate e chi si contagia esce dal gruppo”. Un’altra prova settimanale, invece, era quella della ”postura”: durante le lezioni, l’ordine impartito per portare a temine la prova era quello di imitare la sua postura e prenderla in giro. Così, tutti iniziavano ad imitarla, in modo esplicito, con tanto di risatine, sguardi di scherno e tutto il resto che accompagnava la vicenda.
“Ucciditi, levati di torno”
E così, ecco che la ragazzina inizia a diventare sempre più sola, a chiudersi, a isolarsi da tutto e da tutti. Giornate da incubo che non le consentiva di vivere in serenità. Anche la scuola ne risentiva: arrivava più tardi, non era più motivata, il suo rendimento iniziava a calare. Ma il gruppo WhatsApp continuava, e sul suo cellulare arrivavano anche messaggi atroci: “Ucciditi, levati di torno“. Tuttavia, però, la ragazzina non ha mollato, e non si è lasciata abbattere completamente. Dopo aver raccontato tutto, ora nell’istituto sono stati previsti almeno tre incontri con la Garante per tale situazione. Un inter che include, inevitabilmente anche quello giudiziario.
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