Omicidio Serena Mollicone, il giudice che ha assolto tutti gli imputati: “Questo processo è una finzione”. Lasciano basiti le parole del giudice. Per gli inquirenti, sono provate le responsabilità “dell’ex maresciallo Franco Mottola, del figlio Marco, della moglie Anna Maria e dei carabinieri Quatrale e Suprano”. Responsabilità che “sono provate al di là di ogni ragionevole dubbio”. Eppure, il giudice ha definito “tutto una finzione” per delle fragilità temporali del processo.
La reazione del giudice al processo per Serena Mollicone
Non ci sta il Presidente della Corte d’Assise di Cassino, che ha definito una farsa il processo per chiarire la verità sulla sua morte. In tal senso, secondo lui: “E’ una finzione perché celebrato a una distanza non ragionevole dai fatti”. Particolari evidenziati anche dal procuratore capo Luciano d’Emmanuele e dal sostituto Maria Beatrice Siravo, dove nelle 274 pagine dell’atto d’appello, gli inquirenti chiedono alla Corte d’Assise del Tribunale di Roma “di condannare invece l’ex maresciallo ed ex comandante della stazione di Arce, Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco, oltre ai carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano”.
In tal senso, gli inquirenti sostengono come “la sentenza assolutoria è motivata in maniera contraddittoria o manifestatamente illogica e in alcuni casi mancante o apparente”. Secondo le indagini della Procura di Cassino, il primo Giugno 2001 la studentessa Serena Arce sparì da Arce. Quel giorno si recò a Isola del Liri, per effettuare una visita dentistica in ospedale. Poi, tornando nel suo paese ebbe una discussione con Marco Mottola, che la portò a entrare nella caserma dei Carabinieri. Da lì, non sarebbe più uscita fuori.
L’ipotesi degli inquirenti sul caso Mollicone
Secondo le indagini, dentro la caserma si ebbe una nuova lite tra Serena e il figlio del maresciallo. Lui, probabilmente in uno scatto d’ira, avrebbe fatto sbattere la testa della ragazza contro un lavandino del bagno. Tale bagno, era presente in un alloggio della caserma, dove sempre per le indagini era in uso dalla famiglia Mottola.