Affitta l’appartamento a cinque arzille signore e, 4 anni dopo, scopre che è stato trasformato in una RSA – senza averne i requisiti e i relativi permessi – dove, oltretutto, invece che cinque donne che dovevano dividersi le spese ci vivono ben 15 anziani, più madre e figlia, oltre a delle persone non ben identificate che si dovrebbero prendere cura di loro.
Ma la casa non ha lo spazio sufficiente per ospitare tutte queste persone. L’appartamento, infatti, nel 2019 viene affittato alle cinque donne, che si impegnano formalmente a usarlo per le loro esigenze di coabitazione, escludendo espressamente l’estensione ad altri soggetti e questo per “mutuo e reciproco interesse sociale ed economico”. In pratica, l’immobile viene affittato alle 5 anziane perché ne facessero uso come coabitazione privata, in modo da potersi mantenere dignitosamente senza sopportare singolarmente il costo di un affitto troppo elevato. La proprietaria della casa, situata sul litorale romano, mantiene la residenza nell’immobile, ma prende il domicilio a Roma, nell’abitazione del marito.
La “trasformazione” dell’appartamento
Vista la veneranda età delle signore, il contratto di affitto viene fatto firmare attraverso una donna che si presenta come la “tuttofare” delle anziane. È lei, secondo la proprietaria della casa, che si è occupata di trovare l’immobile, di preparare il contratto e di organizzare l’incontro tra le parti. Da quel momento, come afferma la proprietaria di casa, “sono quasi sempre stata pagata in contanti da questa donna e in seguito da un’altra signora che lavorava per lei. Solo nell’ultimo anno con regolare bonifico”. Ma il 16 gennaio la donna si accorge di non aver ricevuto i soldi dell’affitto: li chiede e riceve una cifra inferiore a quella pattuita. Non ricevendo risposta ai messaggi, decide di andare sul posto.
Si reca nella sua proprietà sabato 21 gennaio di quest’anno. E trova una sorpresa. Brutta. Dove un tempo c’era un portico, denuncia la donna, era stato innalzato un muro abusivo, ingrandendo così la casa. Andando sul retro, stessa cosa. La donna suona alla porta e chiede spiegazioni. L’anziana che apre, sorpresa, risponde che pensava che lei ne fosse a conoscenza, di quei lavori fatti circa 8 mesi prima. Scatta quindi la denuncia, soprattutto perché la donna scopre che nella sua abitazione non vivono più solo le 5 nonnine iniziali, ma ben 15 anziani. E lei – dice – non lo sapeva. Quindi la sua casa, da semplice coabitazione privata, è diventata praticamente una RSA, visto che le persone che ci vivono hanno bisogno di cure e assistenza. In più c’è la questione degli abusi edilizi, per i quali la proprietaria di casa viene multata dal Comune, pur non sapendone l’esistenza.
La denuncia
Ma la donna non ci sta. Le è arrivata una multa di oltre 8 mila euro, le è stata tolta la residenza, è stata tacciata di colpe non sue. Denuncia quindi tutto. Le vecchine a cui ha affittato l’immobile e la tuttofare. Chiede aiuto alla polizia locale che ha mandato il verbale, per vederci chiaro e rientrare in possesso della sua casa, perché non vuole che lì ci sia qualcosa di molto più grande, quando dovevano esserci solo 5 anziane autosufficienti che dovevano condividere le spese. Si sente presa in giro, per non dire peggio. E chiede, vista la costruzione a sua insaputa di due stanze abusive, l’immediata risoluzione del contratto di affitto, per poter rientrare in possesso della sua casa.
Il 24 gennaio invia una raccomandata con ricevuta di ritorno, attraverso il suo avvocato, dando 10 giorni di tempo per lasciare la casa e risolvere bonariamente il contratto, pena la via giudiziale. Ma nessuna risposta arriva alla lettera del legale, né da parte delle anziane, né tantomeno da parte della tuttofare. Il 27 gennaio un anziano che risulterebbe ospitato nella stessa abitazione muore, dopo 9 giorni di ospedale. La vicenda per la proprietaria della casa si fa più seria. E la donna, giustamente, non vuole responsabilità non sue.