Stadio Anco Marzio e vicenda Ostiamare. La squadra ormai da un anno gioca senza il suo pubblico sugli spalti dell’impianto di via Giovanni Amenduni, a Ostia. In questi 12 mesi gli incontri casalinghi si sono svolti a porte chiuse o addirittura lontano dal Lido di Roma, grazie a squadre amiche che cedevano il loro stadio per consentire ai biancoviola di avere il sostegno dei tifosi.
Da quanto la società è passata di mano, infatti, venduta a Roberto Di Paolo, sono uscite fuori tutte le “magagne” dell’impianto. Come l’ultima in ordine cronologico, quella che riguarda i contatori dell’energia elettrica manomessi per pagare di meno. E per i quali – caso strano – sono stati inviati i tecnici a fare un controllo pochi giorni dopo il passaggio di proprietà. Con successiva maxi bolletta da 40 mila euro, per un reato non commesso dall’attuale presidente, costretto comunque a pagare per non lasciare i suoi atleti al buio.
Il “mistero” dell’autorizzazione a tempo determinato
Ma torniamo alle partite a porte chiuse. Ricordate la questione dell’autorizzazione al pubblico spettacolo, che proprio su questo giornale abbiamo svelato essere falsa? L’Ostiamare, in pratica, giocava da tempo con un’autorizzazione che in realtà corrispondeva a un evento di moda. Eppure il foglio riportava il timbro del Comune di Roma, sembrava in tutto e per tutto un originale, tranne che per il numero di protocollo. Quel documento, depositato alla Figc, aveva consentito il regolare inizio di campionato alla prima squadra, nel campionato di serie D, oltre che a tutte le squadre giovanili.
Ma qualcuno sapeva che si trattava di un falso. Di certo lo sapeva chi lo aveva prodotto. Di certo lo sapeva chi aveva chiesto di produrlo. E difficilmente potrebbero essere solo due persone. Fatto sta che, quando la precedente proprietà ha capito che c’era un acquirente interessato, ha compreso che era meglio vendere, non rivelando questo “particolare”. Anzi. Al contrario, qualcuno ha cercato di coprire le prove che in quello stadio non si sarebbe potuto giocare a porte aperte.
Come? Chiedendo un permesso a tempo determinato. E facendolo qualche giorno dopo la firma del compromesso di vendita. Ma spieghiamo meglio questo passaggio. Nel novembre del 2021 Roberto Di Paolo firma il compromesso per l’acquisto della società. il prezzo di vendita non sono proprio noccioline: 1.700.000 euro. L’atto dovrà essere poi stipulato a gennaio, il 28, davanti al notaio. Fino a quel momento nessuno è mai andato a fare controlli, le partite si sono sempre giocate regolarmente con il pubblico e niente lascia presagire a Di Paolo che possano esserci problemi.
La richiesta al Comune… e la risposta dopo 14 mesi
Tra il compromesso e l’atto ci sono oltre due mesi in cui potrebbe però accadere di tutto. Partiamo da una certezza. L’Ostiamare non ha un’autorizzazione valida. E Di Paolo, se lo dovesse scoprire, non manderebbe avanti la trattativa. Anzi, si farebbe restituire il denaro con ragione di causa, in quanto non avrebbe senso acquistare una squadra che non può giocare con il pubblico. Questo infatti significa non solo mancati incassi dei biglietti, ma soprattutto mancati sponsor. Qualcuno allora, il 2 dicembre 2021, quindi quando la trattativa di compravendita era in pieno atto, fa richiesta al Comune di Roma per avere un permesso a tempo determinato per “effettuare manifestazioni sportive presso l’impianto denominato ‘Anco Marzio’ situato in via Giovanni Amenduni”. L’istanza con cui viene protocollata la domanda è la numero QD/38801.
Ma, nonostante la domanda, non viene prodotta la documentazione necessaria per ottenere il permesso, come dimostra il diniego arrivato – chissà perché – con ben 14 mesi di ritardo. “Con riferimento all’istanza in oggetto – si legge nella lettera arrivata all’Ostiamare, oltre che alla polizia locale di Ostia, nei giorni scorsi – atteso che non è stata prodotta la documentazione necessaria al rilascio dell’autorizzazione ai sensi degli articoli 68 e 80 del TULPS ed essendo spirato il termine della manifestazione, se ne comunica l’archiviazione“. Ma se mancava la documentazione, perché non dirlo subito? Perché non mandare in tempi stretti una pec, come fatto adesso?
Magari sarebbe finita nelle mani di Di Paolo, che avrebbe potuto evitare l’acquisto di una squadra che, da quando è diventa sua, è in netta perdita. Quando, mesi e mesi fa, Di Paolo disse “Mi sento truffato”, ancora non sapeva di questa richiesta. “Se avessi saputo di questa richiesta – dichiara oggi – non sarei andato avanti con la trattativa, che reputo falsata e forzata. Avrei sicuramente bloccato tutto e mi sarei fatto restituire l’acconto. Di certo non avrei acquistato una società per andare a vedere le partite da solo con mia moglie”. Invece silenzio totale. E adesso un’ombra in più si abbatte su questa vicenda.
Chi sapeva?
Se Di Paolo, infatti, ignorava che fosse stata protocollata una richiesta provvisoria per autorizzare il pubblico spettacolo, di sicuro qualcuno lo sapeva. Così come di sicuro qualcuno sapeva che l’impianto non aveva le autorizzazioni, visto che il giorno stesso che l’imprenditore firma l’atto di acquisto gli arriva una Pec dal Comune di Roma, che lo informa che nell’impianto ci sono delle irregolarità. Di certo non sono cose che si scoprono in così poco tempo. Infatti già a dicembre c’era stato un controllo, di cui Di Paolo però ignorava l’esistenza. Allora perché non rispondere subito all’istanza, chiedendo i documenti mancanti, ma dopo 14 mesi? E perché non agire subito dopo i controlli di dicembre, ma aspettare oltre un mese? E perché, adesso che si è scoperto che le tribune non sono abusive ma regolari, in quanto frutto di un progetto del 2006 (prot. 17201) di totale demolizione e ricostruzione del centro sportivo che prevedeva, tra l’altro, le tribune e gli spogliatoi, oltre a campi di diverse tipologie, e la demolizione e il rifacimento dell’area adibita a bar, uffici e servizi, non si permette agli spettatori di entrare?
Genitori e spettatori fuori
Infatti, sia per le partite di Serie D che per quelle delle giovanili, non è possibile per tifosi e genitori assistere alle partite. A distanza di un anno da quando Di Paolo ha acquistato, ad oggi neanche per gli incontri dei più piccoli è possibile stare sugli spalti. Le tribune, su ordine del Comune, a ottobre sono state smontate, in quanto ritenute – a torto – abusive. I genitori dei piccoli atleti avversari sono costretti a vedere giocare i loro figli dal parcheggio, in piedi. Cosa fattibile, ovviamente, quando il tempo lo permette. Molto meno con la pioggia.
Quello contro l’Ostiamare – era di Paolo – sembra un accanimento. Da parte di chi? Perché? Si può comprendere l’interesse economico di chi ha voluto vendere nonostante la mancanza di un documento fondamentale (l’affare era troppo ghiotto per perderlo), ma sorgono delle domande. Davvero è stato così semplice prendere in giro un imprenditore che comunque aveva fatto i suoi controlli prima di acquistare? Tutto nasce dall’improvvisazione o c’è qualcos’altro dietro? Sono domande a cui probabilmente sarà la Magistratura a rispondere. Perché sulla vicenda del permesso falso c’è un’indagine in corso. E adesso questa ulteriore richiesta potrebbe essere un tassello in più, a dimostrare che si sapeva che quel permesso era falso. Altrimenti non c’era ragione di chiedere un permesso temporaneo. Ma questa, temiamo, è solo un’altra puntata di quella che sembra un’interminabile fiction. Ma reale.