Alfredo Cospito per molto tempo ha portato avanti il suo sciopero della fame come forma di protesta contro il del 41-bis, regime a cui è stato sottoposto dal mese di maggio dell’anno scorso, 2022. Questa è la ragione principale per cui gli anarchici, ora, lo vogliono fuori dalle mura del carcere, il prima possibile. Nel frattempo, proprio in queste ore, il Tribunale del riesame di Roma dovrà decidere sulla questione. Intanto, un altro dato: la salute di Cospito peggiora sempre di più, come dimostrato dall’incidente verificatosi qualche giorno fa.
Alfredo Cospito e lo sciopero della fame contro il 41 bis
Alfredo Cospito era stato condannato per la gambizzazione, avvenuta 10 anni fa, ai danni di Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare e per l’attentato alla scuola di Carabinieri di Fossano, portato a termine, invece, nell’anno 2006. Ancora oggi, Cospito non ha nessuna intenzione di cambiare idea ed interrompere così il suo digiuno, che sta portando avanti da ormai oltre 100 giorni. La sua dottoressa, in una recente intervista ha dichiarato che, per le condizioni in cui si trova, l’unico modo per salvarlo è quella di toglierlo dal 41 bis.
L’attività anche dal carcere
L’anarchico, però, è condannato all’ergastolo e al carcere duro, un provvedimento motivato dalla sua capacità, sostengono i giudici, di diffondere il suo messaggio insurrezionalista anche dal carcere e fomentare quindi possibili rivolte nonostante la sua reclusione. Ora, tutto si muove per un riesame da parte del tribunale romano della sua posizione. Tuttavia, il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, in un’intervista a Repubblica rilasciata di recente, ha detto di voler rimanere fermo sulle sue posizioni: “La serie di violenze di queste ore, così come già la busta con proiettile al pg di Torino, confermano che c’era un fondamento nell’adozione del 41 bis su Cospito”. Le proteste, però, incalzano ovunque nel modo, tra Grecia, Spagna e Cile, ad esempio.
Chi è Alfredo Cospito e cosa ha fatto
Alfredo Cospito è un nichilista, anarchico e antiorganizzatore, così come si era lui stesso definito durante il processo del 2014, dopo aver firmato l’operazione a nome dell’Olga Fai/Fri, un nucleo della Federazione anarchica informale. L’appartenenza a questa organizzazione ha giocato un ruolo fondamentale anche per la sentenza, motivo per cui c’è stato l’aggravamento nei suoi confronti. La sua prima condanna la riceve nel 2014, dopo aver ferito gravemente due anni prima Roberto Adinolfi e rivendicando anche il gesto. Il gesto era stato motivato dalla profonda avversione per il nucleare e tutto ciò che è rappresentato dal potere, la costrizione e la tecnologia.