Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità nonché primario dell’ospedale romano Bambino Gesù, è finito al centro di un‘inchiesta della procura per la morte di una ragazza di 17 anni. Elisabetta F., questo il nome della 17enne, è deceduta dopo un trapianto di midollo. I fatti sono avvenuti nel novembre del 2020 e la procura aveva attribuito ogni responsabilità a due medici del reparto guidato da Locatelli che avevano avuto in cura la paziente, entrambi poi finiti a processo con l’accusa di omicidio colposo.
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17enne muore dopo un trapianto, la decisione del Gip
Invece, per il primario, i magistrati avevano chiesto di chiudere il caso ma ieri la Gip non ha accolto l’istanza sollecitando al contempo i magistrati nell’indagare in modo maggiormente approfondito, per verificare eventuali responsabilità a carico dell’uomo. Come riportato da Repubblica, queste le parole del Gip: ‘È veramente difficile che Locatelli sia stato all’oscuro delle scelte adottate, che non sia mai stato consultato, che le decisioni intraprese non siano state condivise con lui’.
Il quadro clinico
La ragazza era stata sottoposta ad un trapianto ma il suo quadro clinico si era aggravato dopo che la 17enne, sottoposta a chemioterapia, aveva sviluppato un’infezione. Un’infezione che, secondo il consulente della Procura, si sarebbe potuta evitare: ‘si è connotato per una condotta sanitaria sotto alcuni aspetti approssimativa e non consona a un atto terapeutico complesso come quello del trapianto di midollo osseo’ L’ospedalizzazione della ragazza, peraltro, fu lunga, 53 giorni che esposero la 17enne all’infezione. Al centro delle indagini anche la scelta da parte di uno dei medici di un donatore non consanguineo malgrado la disponibilità del fratello della vittima a donare le proprie cellule.
Il legale di Locatelli
Ora, al centro dell’inchiesta, come detto, anche il primario Locatelli per il quale, inizialmente, era stata chiesta l’archiviazione. Rispetto alla decisione presa dal Gip, l’avvocato del primario appare alquanto polemico e non manca di sottolineare che ‘alcuna responsabilità è ravvisabile nel comportamento di tutti i sanitari che si sono occupati del percorso di cure’.
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