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Legionella nell’acqua degli ospedali, parla un ex dipendente: ”Ci ordinavano di abbassare i valori”

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Un testimone ha raccontato agli inquirenti ciò che accadeva nella sede di T.. Si tratta di una narrazione molto dettagliata. La voce è quella di un ex dipendente che spiega ai pm la ragione per cui la T. falsificava i report sulla legionella richiesti dagli ospedali all’azienda. L’uomo, però, non si ferma qui, perché spiega in che modo avveniva materialmente la manipolazione dei dati e, soprattutto, anche chi lo decideva. Il fatto è riportato da Repubblica con un articolo di oggi. 

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La testimonianza choc dell’ex dipendente

La testimonianza riportata è la seguente: “Nello svolgimento dell’attività si rendeva necessario effettuare delle analisi microbiologiche su campioni eseguite negli ospedali, nelle cliniche o in altre strutture. Per tale incombenza la T. Srl incaricava la F. Srl. Le risultanze delle analisi venivano comunicate dalla F. tramite mail e anche tramite portale della stessa F.”. In questo modo “confluivano le risultanze delle analisi non ancora allo stato definitivo. Quando i valori erano anomali, perché superavano le soglie previste, il settore logistico informava prevalentemente (i vertici di T. Srl, ndr) C. D., e in alcuni casi, anche M. e R., che prendevano la decisione e disponevano che i valori anomali fossero abbassati per farli rientrare nella norma”. 

”Ci chiedevano di abbassare i valori anomali”

Sempre dal verbale: ”Tale disposizione veniva impartita dal vertice dell’azienda a una mia collega e alcune volte anche a me che comunicavamo alla F. la richiesta di abbassare i valori, per farli rientrare nei parametri di legge, emettendo un certificato definitivo di apparente regolarità”. Ma come avveniva l’operazione di mistificazione? Il dipendente prosegue: “Ciò avveniva spesso tramite mail, delle volte telefonicamente e in altri casi consegnando materialmente il tutto a un altro mio collega. Ho cognizione diretta di quanto affermato: quando il mio collega veniva in azienda gli venivano consegnati dei fogli con i valori sbarrati, che lui aveva precedentemente comunicato, e con l’indicazione dei valori che avrebbe dovuto inserire in sostituzione di quelli reali. Tutto questo avveniva poiché c’era la necessità di effettuare analisi periodiche sui campioni prelevati presso le strutture, per certificare il corretto funzionamento degli apparati medicali di trattamento acque forniti o manutenzionati dalla T.”.

”Ho visto la mia collega che svuotava delle provette con i campioni da analizzare prelevati”

Lo stesso testimone, poi, va sul concreto: “In una circostanza, non so indicare il periodo preciso, ho visto la mia collega che svuotava delle provette con i campioni da analizzare prelevati” da una struttura di un nostro cliente, “chiedendo alla F. di attestarne lo stesso l’avvenuta analisi mai realizzata rilasciando il referto con valori nella norma. La F. effettivamente attestava l’avvenuta analisi, senza averla fatta, inserendo nel referto i valori così come richiesti dalla T.”. Infine: “Intendo chiarire che dopo l’intervento del Nas dei carabinieri e avuta conoscenza dell’indagine, il mio collega si è rifiutato di continuare ad emettere referti con valori non reali. Tali falsificazioni, per quanto mi consta, sono state fatte anche su certificati di analisi provenienti” da una importante Università della Capitale. In questo modo si conclude il documento, che sarà fondamentale nel sostegno dell’accusa durante le prossime tappe di questa intricata vicenda.

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