Il caso del signor Ubaldo, nome di fantasia, ci mostra l’ennesima storia al sapore di malasanità laziale. Un’esperienza tragica, vissuta da un anziano 91enne disabile e in balia di varie patologie mediche serie. Ma andiamo a scoprire la sua storia, perché fa capire tutto quello che non va all’interno del sistema sanitario laziale.
L’ictus dell’anziano e l’Odissea del ricovero nell’ospedale di Roma
Da tempo disabile per gravi problemi urologici, di demenza senile e obesità, Ubaldo viene colto da ictus dopo aver saputo dell’imminente morte, inevitabile per lo stato della malattia, dell’amata moglie per cancro. Questo lo porterà a essere ricoverato 70 giorni, giornate dove peraltro perderà gli ultimi istanti di vita della propria signora e il successivo funerale. Ma le condizioni per una sua uscita dalla struttura sanitaria, prima al Campus Biomedico e successivamente all’Istituto San Raffaele, diventa proibitivo per le condizioni di salute dell’uomo.
L’uomo, infatti, per l’ictus ha perso quasi completamente l’uso delle gambe, ha alcune dita paralizzate e comincia a urlare nei momenti di crisi. Viene portato all’Istituto San Raffaele di via della Pisana per effettuare la riabilitazione neuromotoria, in un’esperienza che però sembra lasciarlo in balia del proprio destino. Ricoverato per un complessivo di 70 giorni, bloccato a letto con addosso solo delle mutande igieniche perché anche incontinente.
I figli raccontano: “Credo mio padre non sia mai stato assistito adeguatamente, considerato come si è fatto più di due mesi di ricovero nel letto nudo, con nessuno che lo aiutava a farsi la barba, forse non lavato e bloccato nel letto senza non poter nemmeno vedere un telegiornale o fare una chiacchierata. Un incubo”.
Le dimissioni in “mutande” dall’ospedale
Nell’arco dei 70 giorni all’Istituto San Raffaele, i figli sono sempre vicini all’uomo nelle ore di visita, tranne per un caso di Covid-19 all’interno della struttura, che gli impedirà l’accesso per quasi 14 giorni. Qui a turno, portano vestiti puliti, provano a tamponare la dubbia gestione del paziente da parte della struttura sanitaria, il tutto in appena 30 minuti di visita giornaliera. In un primo momento, il Primario della struttura comunica ai figli la volontà di dimettere l’uomo verso i primi giorni Novembre attraverso una email, salvo poi provare a far firmare una liberatoria dove vi era scritto “si dimette il paziente contro il parere medico”. Un rischio che i figli, vedendo le condizioni di salute dell’anziano padre , rifiutano di prendere e li fanno ponderare verso un più saggio proseguo del ricovero, seppur polemici con questa scelta, oggettivamente furbesca, della clinica.
Per tornare a casa, dovrà aspettare il 22 Dicembre, sotto Natale. Un’ambulanza privata lo riporta alla propria dimora dell’Eur, steso su una barella e con addosso solo una mutanda igienica e una coperta per coprirlo dal freddo. Tornato a casa, prendendo freddo, da subito mostra problematiche di salute: problemi col catetere, emorragie dall’apparato urinario, catarro e febbre alta. Insomma, tutto sembra frutto di una brutta freddata con questa temperatura natalizia. Tra il 22 e il 25 dicembre, vengono chiamate tre ambulanze del 118 per le emorragie dell’uomo dal catetere.
La permanenza a casa dura nemmeno quattro giorni, dove l’uomo è costretto a richiedere nuovamente, attraverso l’aiuto dei figli, l’intervento per un’ultima volta dei sanitari del 118 per questi problemi alla vescica e la febbre alta. Il 25 Dicembre 2022, a Natale, il signor Ubaldo viene nuovamente ricoverato. Finirà l’Odissea sanitaria dell’anziano?