Attirata a Roma con la scusa di un lavoro e buttata in strada a prostituirsi. Picchiata e resa schiava da coloro che credeva amici. E che ancora adesso gestiscono un giro di prostituzione in via Palmiro Togliatti. Alexandra (nome di fantasia per tutelare la protagonista, ndr) è riuscita a salvarsi grazie a Stefano (nome di fantasia, ndr), di cui si innamora, ma nessuno ha fatto nulla per fermare i suoi carnefici, che continuano a sfruttare altre ragazze come lei.
Arriva in Italia nel 2011, a 19 anni, dopo aver accettato un lavoro come baby-sitter. L’offerta di lavoro le era stata proposta da una coppia di amici, Penelopa e Florin, romeni come lei, che da anni vivevano a Roma e si erano anche dichiarati disposti a ospitarla nella loro casa in via Morandi. Peccato fosse un’abitazione occupata abusivamente.
L’inizio dell’incubo
“Sono arrivata a Giugno con il pullman e alla stazione sono venuti a prendermi alcuni amici di questa coppia. Mi hanno portato in un appartamento dove c’erano altre 6 ragazze e mi hanno immediatamente tolto i documenti. Le ragazze mi hanno spiegato che non c’era nessun lavoro da baby-sitter, perché avrei dovuto prostituirmi in via Palmiro Togliatti, all’altezza del civico 808, altrimenti mi avrebbero picchiata”. Il racconto di Alexandra è agghiacciante. “Da quel momento, ogni sera ci prelevavano verso le 20:00 e ci portavano in strada per prostituirci, mentre loro restavano in strada a controllarci. Poi, verso le 6 del mattino, ci riportavano a casa. Se non guadagnavo abbastanza denaro mi picchiavano, sia lui che lei, indistintamente”. Deve guadagnare almeno 500 euro al giorno, ma a lei danno solo 20 euro. Neanche un centesimo in più.
Passa il tempo. Per evitare di dare troppo nell’occhio, la coppia – insieme alle ragazze – cambia casa più volte. Ma il copione resta lo stesso. Massacrata di botte se solo provava a ribellarsi o a scappare, oppure se la nottata fruttava meno soldi del previsto. “Magnaccia” a condizione familiare, i due protettori gestivano – e tuttora gestiscono – un lungo tratto di via Togliatti. Hanno in media 6 o 7 ragazze per volta, tutte giovani, al di sotto dei 30 anni, reclutate con invitanti offerte di lavoro in Romania e in altri paesi dell’Est. Ma, arrivate a Roma, quello che trovano è tutt’altro. E, in un posto dove non conoscono nessuno, senza documenti veri e costantemente picchiate e minacciate, quasi mai trovano il coraggio di uscirne. Alexandra, però, vede una via d’uscita.
L’amore e la fuga
Passano più di tre anni, di botte e costrizioni varie. Durante le notti passate in strada, Alexandra conosce Stefano, un ragazzo romano. Tra i due nasce un tenero amore e Alexandra piano piano si confida. Racconta delle sevizie. Dopo tre anni e mezzo di schiavitù, a dicembre del 2014, approfittando del periodo in cui la coppia è partita per qualche giorno per andare in Romania per le feste natalizie, la ragazza chiama Stefano e lo implora di andarla a prendere per liberarla. Lui non se lo fa ripetere. I due iniziano una relazione, durata fino all’agosto del 2017.
Ma quell’estate Alexandra va in Romania a trovare sua madre. Ed è lì che la coppia di carnefici, casualmente in vacanza nello stesso periodo, la preleva con la forza. Vivono nello stesso paese, incontrarla è stato facile. E farle pagare lo sgarbo passato era un punto d’onore. Caricano la ragazza prima in auto, poi sul primo volo per Roma. Le tolgono nuovamente i documenti e stavolta pure il cellulare, per impedirle di contattare Stefano e di farsi chiamare.
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Le minacce
“Mi hanno immediatamente ributtata sulla strada, sempre a suon di botte e di minacce, stavolta mettendo in mezzo anche il mio compagno. Ho avuto paura. E mi sono piegata alla loro volontà”. Lì inizia un incubo ancora peggiore per Alexandra. Da una parte nuovamente costretta a prostituirsi, picchiata in continuazione, dall’altra con il cuore che la spinge verso l’uomo che ama. E che – ricordando il numero telefonico a memoria – chiama per spiegare quello che sta accadendo.
Anche per Stefano le cose si mettono male. Trova la sua ragazza di nuovo sulla Togliatti e, per impedire che si prostituisca, si piazza davanti a lei non appena arriva. Una sera arriva anche ad avere una colluttazione con un cliente, danneggiandogli l’auto. Per ripicca, Penelopa e Florin il giorno dopo picchiano ancora più forte Alexandra, costringendola ad andare dai carabinieri per denunciare Stefano per atti persecutori. Ogni volta che il ragazzo la cerca per salvarla dall’inferno che sta vivendo, Alexandra è costretta denunciarlo, sotto minaccia della coppia di “protettori”. Alla fine il ragazzo viene addirittura processato e finisce agli arresti domiciliari.
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“Se non torni gli spezziamo le braccia”
Ma Alexandra è sfinita. “Il 13 novembre del 2018, alle 5 del mattino, mentre Stefano era agli arresti domiciliari per colpa di quelle ingiuste denunce che ero costretta a fare, non ce l’ho fatta più. Ho chiamato sua madre e ho chiesto di poter andare a casa loro. Ho avvisato la polizia che mi recavo volontariamente lì, per non arrecare ulteriori danni alla posizione di Stefano. Successivamente ho ritirato tutte le denunce e ho parlato con i giudici, ma i miei problemi con i miei aguzzini non si sono risolti”.
Infatti, picchiandola e torturandola, i due le avevano estorto l’indirizzo di Stefano. Ed erano iniziati i “passaggi” sotto l’abitazione del ragazzo. “Ci seguono, ci minacciano, una volta hanno sbattuto Stefano per la testa contro il cancello. Lei una volta mi ha detto: ‘Non mi importa se mi denunci, perché tanto ho qualcuno che ti fa male‘. Poi mi invitava a tornare da loro. ‘Se non torni fai spezziamo le braccia a Stefano‘, mi dicevano”. E le minacce arrivavano anche al ragazzo. Siamo ormai arrivati al 28 luglio del 2019, gli aguzzini ancora non li lasciano in pace. “Appena siamo usciti di casa abbiamo visto che ci stavano aspettando, insieme a un’altra persona. Hanno urlato verso Stefano: ‘Ti ammazzo, stro..o, ti faccio trovare dai miei amici‘. Il giorno dopo ci hanno seguiti con la loro auto. E ancora non mi sento sicura quando esco”. I due, infatti, ricevono anche dei proiettili nella cassetta della posta. “Due proiettili, forse di una calibro 7,65 in una busta in lattice, infilati nella cassetta della posta. Un’altra minaccia per farci capire che non hanno dimenticato lo sgarbo”.
Tante Alexandra sulla Palmiro Togliatti
Alexandra adesso è una donna che non si prostituisce più, ma non una donna libera. E’ prigioniera di mille paure che le condizionano la vita. Perché la coppia che l’ha tenuta segregata è ancora lì, che continua a fare esattamente le stesse cose, con altre ragazze. “Quando io sono riuscita a fuggire e come me altre tre, una con un ragazzo albanese, un’altra riuscendo a tornare in Romania, l’altra scappando non so dove. Ma altre no. E al posto di quelle che sono scappate ce ne sono altre. Le vedo, passando in quella strada. E vedo loro”.
Alexandra ha raccontato tutto. Ha descritto i suoi aggressori, ha dato nomi, cognomi, indirizzi. Ha detto quanti soldi incassava, a chi li dava, come venivano trasferiti in Romania e a chi. E si è detta disponibile a indicare in quali punti esatti effettuava i trasferimenti. Ma la coppia, a tre anni di distanza, è ancora libera di continuare a sfruttare le ragazze che avrebbero voluto fare le baby sitter. “Ancora oggi ho paura”, conclude Alexandra, “Per me, ma anche per tutte queste ragazze, sempre più giovani, sempre più sole, abbandonate e sfruttate”.
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