La sparatoria di Fidene è ancora un ricordo che brucia. Per molti. Si trova nel reparto di isolamento per Covid, il killer del consorzio, Claudio Campiti. Da quel tremendo giorno in cui si consumò la mattanza, l’uomo è rinchiuso nel carcere di Regine Coeli, con l’accusa di omicidio plurimo aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi oltre, s’intende, al porto d’armi abusivo.
Claudio Campiti sorvegliato giorno e notte
Lui, ex assicuratore, 57enne, è in regime di sorveglianza continua, notte e giorno, colui che la scorsa domenica si rese artefice della strage di Fidene. Un evento angosciante, drammatico e brutale, durante il quale – in piena assemblea dei consorziati per discuter di un bilancio per il 2023 – il killer ha scaricato il caricatore della sua pistola, mettendo fine alla vita di quattro donne e ferendo altre due persone.Claudio Campiti, ad oggi, trascorre le sue giornate passeggiando su e giù nella sua cella, nel silenzio più assoluto e sotto l’occhio continuo delle guardie. Durante la veglia, l’uomo non dice mai niente. Tuttavia, davanti ai magistrati, nella giornata di mercoledì scorso, ha chiaramente ammesso il il rancore verso il consorzio Valleverde, che gestisce una serie di villette nella zona del lago di Turano, in provincia di Rieti – come riporta anche il Messaggero. La domanda che ora tutti si pongono è come sia maturato quell’odio, quel rancore, e da quanto tempo covasse in lui.
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La ricostruzione dell’odio e del rancore del killer
Secondo una prima ricostruzione, pare che tra la fine del 2017 e il 2018 alcune aree comuni del consorzio furono inspiegabilmente vandalizzate: parliamo di panchine completamente distrutte e lampioni presi d’assalto. I responsabili non furono mai trovati e si fece una denuncia contro ignoti. Ma, alla domanda se ci fossero o meno dei sospetti, qualcuno fece il nome del 57enne che aveva sempre mostrato ostilità nei loro confronti, soprattutto dissidi sulla gestione delle spese, oppure sui mancati allacci di luce e gas. Insomma, fu indicato come probabile responsabile e così, poco tempo dopo, scattò una perquisizione dei carabinieri dentro quel magazzino dove Campiti ha vissuto fino a domenica scorsa, giorno della strage. L’uomo all’improvviso si ritrovò i militari in casa, ma la perquisizione ebbe esito negativo e non fu possibile attribuirgli la paternità degli atti vandalici denunciati. Nell’anno 2018, poi, Campiti inizia ad allenarsi al poligono di tiro di Quinto: questo fatto, secondo gli inquirenti, non sarebbe una pura casualità e ipotizzano, invece, la consequenzialità, la premeditazione.
Prima della sparatoria di Fidene
Un piano studiato, evidenziato anche dalle immagini che la foto-trappola tenuta in casa ha catturato prima che l’uomo uscisse domenica mattina. Poco più di due ore prima della strage, si vede infatti Campiti con uno dei tre zaini già in spalla, il giubbotto addosso e il cappello. Con sé pare abbia preso tutto il necessario: notebook, vestiti, indirizzo dove trovare i consorziati, denaro. La pistola, la recupererà in seguito quando andrà al poligono prima di Fidene.