Borgo di Pratica di Mare, anche la Commissione Tributaria si è espressa: le strade sono pubbliche e non private. E non possono essere chiuse, ma devono essere – come sempre era stato in passato, prima che venisse messo un cancello che impediva l’accesso – lasciate libere al pubblico. Lo ha deciso il Presidente della Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado, Remo Di Carlo, insieme al Giudice Rinieri Ferone e al Relatore Nicola Lettieri.
Le motivazioni della sentenza sono state depositate ieri, 5 dicembre, e danno ragione a tutti quei cittadini e alle Associazioni che – da anni, si battono per veder riconosciuto il loro diritto a entrare nel borgo. E che hanno gridato allo scempio dopo che sono stati abbattuti i secolari alberi che abbellivano e costeggiavano le stradine del caratteristico borgo. L’antico sito, adesso, è completamente trasformato, senza i suoi alberi e senza più le botteghe che lo animavano fino a qualche anno fa: una trasformazione che sembra più una distruzione, avvenuta durante il periodo in cui il cancello – a torto, vista l’odierna sentenza – è rimasto ostinatamente chiuso.
L’antico borgo e le battaglie per la riapertura
Della storia del Borgo di Pratica di Mare ci siamo occupati tante volte. Adesso parliamo di quanto sta accadendo adesso. La società proprietaria degli immobili per l’ennesima volta si è opposta alla riapertura, sostenendo che le strade fossero di sua proprietà. Ma il ricorso è stato giudicato infondato. “Dalla documentazione evocata nelle controdeduzioni e versata in atti si evince che la rete viaria interna del borgo ha natura pubblica; infatti, nell’atto di vendita- repertorio n. 17676 del 25.5.1961 -,che rappresenta il titolo di proprietà della ricorrente, non ci sono riferimenti alle strade del “Borgo di Pratica di Mare”. Va, a questo proposito, rammentato che i trasferimenti di beni immobili (comprese le strade) richiedono la forma scritta (atto pubblico o scrittura privata) ad substantiam (art. 1350 n. l c.c.), superabile con la prova contraria, da parte del privato. Ebbene, la società contribuente non ha provato, in base ai principi citati, di avere un atto scritto che le attribuisca la proprietà della rete viaria del borgo”, si legge nella sentenza.
Il famigerato cancello
Nel documento a firma dei giudici si parla poi anche del cancello che tanto ha fatto discutere. “Inoltre, l’esistenza documentata di uffici pubblici nel borgo (tra cui un ufficio postale, una stazione dei carabinieri, ecc.) e di regolare accesso a esso da parte della collettività anche con mezzi di locomozione, prima della recente apposizione di una provvisoria cancellata all’entrata del borgo in concomitanza con i lavori di restauro, depone per una presunzione di demanialità e mostra una oggettiva idoneità al soddisfacimento di una funzione pubblica, consistente nella possibilità di fruizione della rete viaria da parte della collettività delle persone in modo indifferenziato e senza l’impedimento di ostacoli riconducibili a contigue aree private”.
Insomma, le strade sono pubbliche. E per questo, oltre a rigettare il ricorso, i giudici hanno condannato la società al pagamento di 2.500 euro, più altri 1.000 di spese vive ed onorari. Una cifra tutto sommato irrisoria, se si pensa che, per anni, il Borgo è rimasto chiuso, a uso esclusivo di chi ha messo il cancello, mentre invece doveva essere a uso della collettività. Alle lotte che i cittadini, le associazioni e l’amministrazione comunale ha dovuto fare. Al tempo e ai soldi persi, E, soprattutto, se si pensa a quegli alberi abbattuti, che davano un fascino particolare al borgo. Che adesso, a guardarlo, ha un aspetto completamente diverso: quello di un progetto edilizio mal riuscito.