La storia del piccolo Matias
Delle capacità incredibili quelle manifestate fin da subito dal piccolo Matias: “A sei mesi camminava, a 18 faceva operazioni matematiche molto complesse. A 3 anni leggeva e scriveva. Che avesse caratteristiche diverse dagli altri bambini ce ne accorgemmo subito. Matias però era iperattivo, stargli dietro una fatica. Le prime diagnosi furono confuse: autismo, adhd, disturbo del linguaggio e del comportamento. La nostra fortuna è stata trovare persone che ci hanno indirizzati a centri in grado di fare una vera diagnosi”.
Le parole della mamma
Mamma Laura racconta la sua esperienza senza remore: “Spero possa servire a chi oggi si trova nella mia stessa situazione”. Io e il mio compagno eravamo travolti da questo bambino. Poi aggiunge: “Ci sentivamo incapaci. A scuola il confronto con i compagni e gli insegnanti, pur essendo apertissimi, è sempre stato difficile. Si annoiava e questo amplificava la sua iperattività e frustrazione”.
“Grazie alla Fondazione Roma Litorale e alle tante persone che seguono Matias oggi le cose si stanno via via sistemando. Gestisce meglio le frustrazioni, ha comportamenti meno problematici”. Anche se la strada resta in salita: “Viviamo in una società incapace di accogliere chi non segue certi standard. Il ‘fuori dal comune’ è sempre messo da parte, stigmatizzato, allontanato.
Manca empatia. C’è sempre necessità di catalogare, superficialmente, le persone nella categoria ‘normale’ o ‘diverso’ e sulla base di ciò scegliere un comportamento o un altro. Questo per noi è aggravato dal fatto che la ‘diversità’ di Matias non si vede. A prima vista è un bambino come tanti. Grazie ai risultati raggiunti però siamo più sereni. Il nostro auspicio? Ti dicono tutti che sia un genio. Per noi l’importante è che viva la sua età serenamente, come un bambino di nove anni. Se poi la sua genialità sarà incanalata bene speriamo possa realizzare i suoi sogni e metterli al servizio degli altri”.
I bambini plus dotati
Il fenomeno dei bambini con capacità fuori dal comune è “Molto più diffuso di quanto si pensi, spiega la dottoressa Alba Sunshine Bettoschi — neuropsichiatra infantile responsabile dell’area ‘età evolutiva’ della Fondazione Roma Litorale, ente che si occupa di oltre 400 bambini con disabilità intellettiva e fragilità sul litorale di Roma, di cui diversi plusdotati. Molti vengono per un semplice disturbo del linguaggio o del comportamento ma sotto c’è tanto altro. Li immaginiamo geni, i primi della classe. In realtà spesso hanno difficoltà, non studiano, non si interessano alla scuola perché non si sentono capiti. Sono frustrati dalla sua rigidità”.
“Matias — spiega ancora la dottoressa Bettoschi — presenta una estrema maturità cognitiva alla quale fa da contraltare una immaturità emotiva molto forte. Parliamo di un bambino che all’asilo scriveva, leggeva e faceva operazioni complesse mentre gli altri giocavano. Questo ha sempre provocato in lui molta frustrazione e rabbia nei confronti senza però che ne capisse il reale motivo. La prima cosa che abbiamo fatto è stata proporre e ottenere che saltasse una classe, dalla seconda è passato in quarta. Abbiamo poi iniziato una serie di interventi cognitivo comportamentali sia a casa che a scuola a cui associamo interventi assistiti con gli animali in un maneggio di Fiumicino e un parent training con la famiglia”.
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La situazione oggi e il problema della scuola
“Oggi — afferma la dottoressa Bettoschi — è un ragazzo più gestibile anche se le modalità con la quale è stata costruita la scuola in Italia non lo aiutano. Servirebbero classi aperte, più flessibili. Avrebbe bisogno di svolgere il programma delle superiori per quanto riguarda alcune materie, mentre in altre quello delle medie”.
Rispetto al canonico immaginario che li vede primeggiare a scuole, le cose appaiono alquanto diverse: “Primi della classe? No, tutt’altro. I ragazzi plusdotati in genere vengono segnalati proprio perché non vanno bene, non studiano, non si interessano della scuola, fanno fatica a concentrarsi perché si annoiano ed è difficile catturare la loro attenzione. Siamo di fronte a un fenomeno sempre più esteso. Abbiamo dati che ci indicano che in una scuola abbiamo almeno 5-6 bambini con queste caratteristiche e che senza le giuste attenzioni rischiamo di perdere”.
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