A Roma, i suoi uomini lo chiamavano il “Capo”. Questo è il nuovo nome di peso della mala albanese nella Capitale. Considerato un alto ufficiale del crimine, cresciuto sotto l’ala protettrice dei più famosi boss albanesi nel territorio capitolino, come Arben Zogu, Dorian Petoku e Petrit Bardhi. Il suo nome è Artur Ndreka, classe 1987. Il suo regno, però, è finito lunedì scorso. Un’inchiesta della Procura e della Guardia di Finanza, per traffico internazionale di stupefacenti, ne ha sancito la fine del nascente impero del crimine. Ndreka oggi è all’interno di un carcere, assieme a suo fratello, oltre che braccio destro, Mark.
L’azione criminale di Ndreka a Roma
La sua azione criminale si era estesa nel quadrante di Roma sud: Acilia e Vitinia erano le piazze di spaccio dove, alla testa di una banda di otto persone, vendeva sostanze stupefacenti a fiumi come se fosse un market. Un gioco semplificato anche dal momento storico, con tre boss della mafia albanese arrestati, che hanno permesso a Ndreka di scalare rapidamente il vertice della piramide balcanica. Lui era il “Capo”. Punto. Lui era questo per i suoi uomini e la sua figura non era possible discuterla.
Dalle intercettazioni della Guardia di Finanza di piazzale Clodio, emerge una fotografia nitida dell’azione criminale dell’albanese qui a Roma. Il controllo sul territorio, la cessione degli stupefacenti, la gerarchia rigida all’interno del gruppo e i contatti con i boss albanesi, che gli hanno conferito forza e prestigio all’interno della malavita, fino ad aprirgli il controllo totale della struttura costruita dai criminali albanesi.
Il gip Valeria Tomassini in una dettagliata ordinanza, scrive: “L’attività d’indagine restituisce il chiaro quadro di un attivo centro di spaccio operativo nelle periferie romane di Vitinia e Acilia, soprattutto nello stabile di via Castel D’Aioni e nella sala giochi di via Codigoro, utilizzata come luogo d’incontro, in grado di movimentare quantitativi di cocaina e hashish, ed in contatto con personaggi noti per il loro elevato spessore criminale”.
Le parole del ministro Piantedosi sull’arresto di Ndreka
Una delicata inchiesta di narcotraffico quella coordinata dal pubblico ministero Carlo Villani. Proprio per lo spessore degli indagati: “Gli interlocutori (intercettati, ndr)- si legge nelle carte dell’inchiesta – ritengono che ormai (Artur, ndr) abbia ormai raggiunto un elevato status economico e criminale”. Lo stesso ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, il 21 novembre si è complimentato con il corpo delle Fiamme Gialle con un tweet: “Operazione Gdf, sgominata piazza di spaccio a Roma. La lotta alla droga è fondamentale per contrastare il diffondersi di criminalità e illegalità”.
Il titolare del Viminale non ha, però, fatto il nome del principale arrestato. A descrivere la nomenclatura criminale è invece il gip Tomassini: “In particolare Ndreka può vantare aderenze con Arben Zogu, Dorian Petoku e Petrit Bardhi, soggetti appartenenti a un circuito criminale di elevato spessore, ora decimato da numerosi arresti”, Ndreka “è definito dai suoi stessi familiari – sottolinea il gip, giustificandone così l’arresto – il ‘capo’“. Adesso, anche Artur Ndreka, come gli altri boss albanesi, è stato arrestato.