Giandavide De Pau, o più conosciuto come il killer di Prati, ha un passato criminale che a Roma lo ha visto coinvolto in episodi di droga e soprattutto violenza. Oggi, sulle pagine de Il Messaggero, un barista racconta l’aggressione subita da De Pau, semplicemente per non avergli dato una Coca-Cola nelle ore di chiusure. Una violenza gratuita, che l’uomo ha subito all’interno del proprio locale e soprattutto che ha rischiato di portarlo alla cecità per il distacco della retina.
L’aggressione di De Pau al barista di Roma
Una sera di maggio di tre anni fa, il criminale Giandavide De Pau massacrò di botte un barista della Capitale, cui terremo il massimo segreto sul nome e l’identità per evitare ripercussioni. “Distacco della cornea diagnosticarono all’epoca i medici”, racconta la vittima, oggi 45enne. Era un sabato sera del maggio 2019, quando si ritrovò ad affrontare la furia di De Paur, con il criminale che ancora non era etichettato come il killer delle prostitute, ma all’epoca svolgeva solo il ruolo di autista di fiducia di Michele O pazz’, al secolo Michele Senese, e qualcosa di più di un semplice conoscente per il boss Massimo Carminati.
“Me lo trovai di fronte alla porta del locale che bussava dopo l’orario di chiusura, aveva lo sguardo perso, si capiva che non era in sé”. Pochi istanti prima una donna, che si scoprirà poi essere la figlia del boss Salvatore Nicitra, aveva chiesto aiuto nello stesso locale perché un uomo l’aveva importunata. Quell’uomo si scoprirà essere De Pau, che la incontrò con la scusa di poterle rivelare chi e perché aveva preso il fratellino più piccolo, Domenico, sparito nel nulla a soli 11 anni il 21 giugno del 1993 e mai più ritrovato.
“Arrivò questa ragazza – ricorda il barista – che chiedeva aiuto, la lasciammo entrare anche se ormai avevamo chiuso, dopo un po’ se ne andò ma arrivò quest’uomo. Bussò e io aprii di nuovo la porta restando sull’uscio, pioveva a dirotto, mi disse ti do 20 euro se mi dai una Coca-cola, gli spiegai che eravamo chiusi ma lui continuò”. A quel punto arrivarono le minacce da parte del criminale: “Lo sai quanto ci metto a trovare uno che per 20 euro ti dà fuoco al locale?”.
Il barista provò a chiudere la porta, “ma De Pau, di cui all’epoca non conoscevo il nome, aggiunse: ‘adesso vado a casa, prendo la pistola, torno e ti ammazzo’, fu poi questione di istanti e mi sferrò due pugni in pieno volto. Non vedevo più niente”. La diagnosi per quell’aggressione fu distacco della cornea. Il barista fu preso per la felpa da un collega, che riuscì ad avere i riflessi pronti anche per chiudere la porta e lasciare fuori De Pau. Che però, decise di non tornare subito a casa. “Iniziò a fare le ronde con la macchina – aggiunge ancora il ristoratore – prendemmo il numero della targa e chiamammo il 112”.
Il fermo di De Pau nel 2019
Al bar “arrivarono non le volanti del commissariato – ricorda ancora il 45enne -, ma personale dalla Questura, probabilmente perché dalla targa avevano capito chi fosse”. Del resto i guai con la giustizia De Pau li aveva iniziati a collezionare all’inizio anni Novanta: i primi arresti domiciliari terminarono nel settembre del 1996 per droga. Continua a raccontare il barista: “Passai la notte a verbalizzare la denuncia, dopo l’aggressione la polizia lo trovò a casa ma lui non aprì, sfondarono la porta e dentro trovarono una cubana, denaro, cocaina ed armi”.
Prosegue: “Quando capii che era davvero un tipo pericoloso non ritirai la denuncia, non gli andai a chiedere i danni ma ecco, non mi importava, sapevo che lo avevano preso e questo mi rincuorava, soltanto che poi è uscito e quanto accaduto a Prati, a quelle povere donne, è stata a mio avviso una tragedia annunciata. Quella notte non la dimenticherò mai e non per la violenza ma per lo sguardo che quell’uomo aveva, il volto tirato, gli occhi che quasi uscivano dalle orbite era fuori di sé totalmente e la cosa più assurda, a cui adesso penso, è che all’epoca, quando gli agenti di polizia lo fermarono per la mia aggressione, disse esattamente quanto proferito ora per le prostitute: non ricordava nulla. Eppure da allora ha scontato poco e niente, è tornato a frequentare i locali, è accusato di aver ammazzato in un solo giorno tre donne. Uno così esce dal carcere e non trova riscatto perché non lo cerca. Uno come De Pau dimostra tutte le incongruenze del nostro Paese”.
Il barista conclude: “Una settimana dopo l’aggressione entrò nel locale una donna, che scoprii essere la sorella di De Pau, mi chiese se ero io la vittima e disse che la madre era fuori in macchina, si volevano scusare con me per quanto fatto dal fratello. Mi fece tenerezza, pure lei una vittima”.
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