Emergono ulteriori particolari in merito alla nuova ondata di arresti che ha colpito una ramificazione della ‘ndrangheta a Roma. Una maxi operazione che fa seguito a quella del maggio scorso, altrettanto rilevante, che aveva portato all’esecuzione di oltre 40 ordinanze di custodia cautelare. Ventisei invece le persone coinvolte nel procedimento odierno (24 finite in carcere, 2 ai domiciliari) sui quali pendono accuse pesantissime che vanno, a vario titolo, dall’associazione mafiosa, al sequestro di persona all’intestazione fittizia di beni.
Come si muoveva la ‘ndrangheta a Roma
Le indagini hanno svelato l’esistenza di una cellula, o “locale”, della nota associazione mafiosa operante nella provincia di Reggio Calabria e in altre provincie calabresi (nonché nel nord Italia ma anche all’estero) con raggio di azione proprio nella Capitale. Un sodalizio che, avvalendosi della forza di intimidazione, di assoggettamento a cui fa seguito il muro di omertà per timori di ritorsioni, aveva messo in piedi un fiorente business avente l’obiettivo di controllare attività economiche in molteplici settori (ricorrendo poi a intestazioni fittizie) e di commettere reati “quali delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi”, come si apprende dai documenti. Il tutto per assicurarsi l’egemonia e il controllo sulle attività economiche del territorio in particolare nel settore della ristorazione, dei bar e della panificazione.
Chi era al vertice dell’organizzazione
A capo di tale struttura erano risultati essere Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, appartanenti a storiche famiglia di ‘ndrangheta originarie di Cosoleto (RC). Nella precedente ordinanza era stata portata alla luce la vocazione imprenditoriale della struttura criminale mediante il sistematico ricorso all’intestazione fittizia di valori realizzando il controllo di aziende, ditte individuali e società in svariati settori commerciali anche, oltre a quanto sopracitato, nell’ambito delle scommesse, sale giochi, tabaccheria, ecc. In tutto, parallelamente, erano stati operati sequestri per circa 100 milioni di euro con oltre 20 società coinvolte.
Il modus operandi
Dalle nuove risultanze investigative è stato inoltre precisato lo schema operativo, un modello finanziario collaudato, che il più delle volte è risultato essere il medesimo. La cosca, sintetizzando, abbandonava la società ritenuta compromessa, ne utilizzava una nuova, acquisiva la ditta e i contratti di locazione (con la distrazione dei beni, stigliature, insegne e avviamento appartenente alla società da abbandonare), individuava i nuovi intestatari fittizi con i quali continuavano a mantenere il controllo delle stesse.
L’operazione di oggi 9 novembre contro la ‘ndrangheta a Roma
Il blitz odierno, lo ricordiamo, è scattato su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma con la Direzione Investigativa Antimafia – supportata dal personale delle Questure e dei Comandi Provinciali nonché della Guardia di Finanza di Roma, Cosenza e Agrigento – che ha dato esecuzione alle ordinanze di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Roma.
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