Si aggrava la posizione di uno degli indagati, già ristretto nel carcere di Viterbo dopo la maxi operazione avvenuta a febbraio scorso ad Anzio e Nettuno, sul litorale romano. Qui all’alba del 17 febbraio 65 persone erano state arrestate e le perquisizioni dei Carabinieri si erano allargate anche agli uffici comunali. Al centro dell’indagine una sola parola: ‘ndrangheta. Con quella associazione mafiosa che ‘operava’ nei territori di Anzio e Nettuno, composta sì dal distaccamento di ‘Santa Cristina d’Aspromonte’, ma anche da soggetti appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta originarie di Guardavalle. Un sodalizio che si avvaleva della forza di intimidazione, tra assoggettamento e omertà tra i cittadini. Che vivevano nella paura.
Nuova ordinanza per Alfonso Manera
Dopo aver svolto altri accertamenti e approfondimenti, a seguito dell’operazione di febbraio, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno notificato una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Roma – Sezione G.I.P., su richiesta della D.D.A. della locale Procura della Repubblica. A finire nei guai un uomo già indagato e ristretto nel carcere di Viterbo: si tratta di Alfonso Manera romano di 58 anni, gravemente indiziato di associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso.
Come agiva, qual era il suo ruolo
In base alla ricostruzione fatta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di via In Selci, l’uomo avrebbe avuto, nell’ambito dell’organizzazione smantellata a febbraio scorso, un ruolo di primo piano. A lui il compito di pianificare la catena logistica, quella che doveva di fatto gestire le ingenti importazioni di sostanze stupefacenti, con l’aggravante di aver agito al fine di agevolare l’attività del sodalizio ‘ndranghetistico. Ben solido ad Anzio e Nettuno.
65 arresti ad Anzio e Nettuno
A febbraio i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma eseguirono ben 65 misure cautelari. Sotto la lente d’indagine molte persone, gravemente indiziate di far parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso. Loro, infatti, facevano parte di una locale di ‘ndrangheta, una articolazione che operava sul territorio dei comuni di Anzio e Nettuno (denominata locale di Anzio e Nettuno, “distaccamento” dal locale di Santa Cristina d’Aspromonte, ma composto in gran parte anche da soggetti appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta originarie di Guardavalle). Ed è proprio quel sodalizio che, probabilmente, aveva preso il controllo del litorale a sud di Roma. Ed era riuscito a infiltrarsi nelle pubbliche amministrazioni, gestendo operazioni di narcotraffico internazionale. Ora, però, per uno degli indagati la posizione si aggrava ulteriormente. Ma la parola che ricorre, anche questa volta, è una: mafia.
‘Ndrangheta ad Anzio e Nettuno, 65 arresti all’alba: perquisizioni anche negli uffici comunali